La Spagna del ’36 con la sua guerra, la sua avventura, il suo rapporto con il gran mondo dell’intellettualità, con l’epopea di quelle Brigate Internazionali che videro accorrere da ogni parte del mondo uomini decisi a difendere la democrazia e la libertà. E tra questi volontari tanti e tanti gli scrittori, i poeti e i giornalisti che si ritrovarono accanto ai repubblicani spagnoli per respingere – dal 17 luglio 1936 – la rivolta guidata dal comandante militare delle isole Canarie, Francisco Franco. Da allora fu guerra civile che costò al paese non meno di 300.000 morti sui campi di battaglia e un numero di vittime che non fu mai stabilito con certezza. E su quella Spagna – che rappresentò l’anticamera della seconda guerra mondiale – tante e tante le storie e le rievocazioni. C’è un’abbondantissima memorialistica che forma un’intera biblioteca. Saranno, è vero, storie di ieri e dell’altrioieri, anzi, sicuramente lo sono. E però continuano a pesare, eccome, nella storia d’oggi e di domani.
Qui ci occupiamo di uno dei narratori di quelle vicende – George Orwell (pseudonimo dello scrittore, saggista e giornalista inglese Eric Arthur Blair, 1903 – 1950) – che è entrato nella schiera dei “classici”. Di lui (autore prolifico e profondo che ben conosciamo anche per “La fattoria degli animali” e “Millenovecentottantaquattro”) esce ora questo saggio inedito nel nostro Paese dove racconta la sua partecipazione alla guerra civile spagnola. E il “ritratto” di quei tempi è fresco, accattivante, convincente pur se carico d’onesta problematicità. Orwell, da sempre contrario ad ogni totalitarismo di destra o di sinistra, andò in Spagna entrando nelle file del Poum, il Partito obrero de unificacion marxista che era allora una formazione rivoluzionaria di stampo trotskista. Visse, quindi, con i miliziani quel periodo di guerra e fu testimone dei dissensi interni tra le sinistre e, in particolare, del tentativo dei comunisti di eliminare i loro avversari politici. A guerra finita raccontò la sua esperienza in terra di Spagna in “Omaggio alla Catalogna” uno scritto caratterizzato da una gran sincerità e onestà intellettuale che suscitò non poche polemiche nell’ambito di quella sinistra inglese dichiaratamente filosovietica. Ma l’obiettivo d’Orwell consisteva nel comunicare in modo convincente, realistico, chiaro e definitivo. Di qui la crudezza delle sue narrazioni.
Uno stile che ritroviamo in questo libro che è allo stesso tempo diario di guerra e manuale di riflessioni storiche. Carico di notazioni su un mondo pieno di persone unite da comuni ideali, ma diverse nella vita quotidiana. Orwell, come sempre, non è per nulla animato da quello spirito inconsapevolmente apologetico che prende il giornalista intento a riscoprire e valutare fatti lontani. Traccia un onesto profilo nel quale si scorgono con chiarezza i tratti di una mente lucida e prudente. Narra così dei “ricordi fisici”, dei “rumori” e degli “odori”. Perché – sottolinea in apertura di diario – “una delle inevitabili esperienze della guerra è l’impossibilità di liberarsi dei cattivi odori d’origine umana”. Ecco: è quest’ondata di realismo che gli permette di addentrarsi con facilità nei meandri delle retrovie. C’è così un narrare la guerra dal fondo delle trincee dove “per lottare devi sporcarti le mani”. E così il gran reporter non tace quando deve affrontare quella dura e tragica lotta per il potere che si scatenò a sinistra tra i partiti politici della Spagna repubblicana. Lo fa con estrema lucidità denunciando anche le falsificazioni operate dalla stampa. “Ho letto – ci racconta – notizie che non avevano alcun rapporto con le vicende reali”. E subito – rilevando che anche nella parte repubblicana ci sono state menzogne a non finire – si preoccupa chiedendosi: come sarà scritta la storia della guerra civile spagnola? Se una storia si scriverà – risponde – potrà essere scritta quando saranno morti quelli che la ricordano…Ma queste amare considerazioni lo portano anche a ribadire che la guerra di Spagna “è stata una guerra tra classi”. Un discorso, questo, carico d’interrogativi e di ben precisi riferimenti storici. E tutto questo porta Orwell a ricordare, comunque, che le divisioni interne alla parte repubblicana non sono state tra le cause principali della sconfitta. Veniamo così a poco a poco – ma in forma estremamente sintetica – messi di fronte al contesto internazionale. Con precisi riferimenti alla partecipazione italiana al fianco di Franco, con l’atteggiamento della Francia e della Gran Bretagna.
Al diario segue poi un interessantissimo articolo che Orwell scrisse nell’agosto 1937 per una rivista inglese. Si tratta di una singolare testimonianza dove si ripercorre la vicenda del Poum – “il più debole di tutti i partiti rivoluzionari” – che fu eliminato nel quadro di una terribile lotta svolta contro gli anarchici e i trotskisti. Una pagina, quindi, da studiare con estrema attenzione e nella quale Orwell ha inserito tutti gli elementi validi per una storia politica e sociale della vicenda spagnola. Il libro si conclude con un profilo biografico dell’autore e con una cronologia della guerra di Spagna dal 1936 al 1939. Anni sui quali ci sono ancora tante cose da dire proprio perché hanno segnato le vicende europee e mondiali. Restano, accanto agli scritti d’Orwell, quelli d’altri intellettuali volontari in terra di Spagna: Ernst Hemingway che con il suo “Per chi suona la campana” ricorda la necessità d’essere solidali; i russi Ilja Ehrenburg e Michail Kolzov autori di reportage dal fronte; gli ungheresi Arthur Koestler – inviato speciale di un quotidiano londinese sul fronte della guerra di Spagna, catturato dai nazionalisti e condannato a morte, ma poi miracolosamente salvato – e Robert Capa, il fotografo che ha documentato le vicende della guerra con immagini che sono entrate nella storia. C’è, quindi, un’intera biblioteca “spagnola” da conservare e da rileggere. Questo libro di Orwell è così più che mai attuale. Proprio perché parla non solo e non tanto degli uomini di un tempo. Ma di quell’ “odore della vita” che è poi la nostra storia..
Recensione di Carlo Benedetti
Secondo il biografo Gordon Bowker, Orwell in Spagna aveva visto gli stalinisti uccidere gli alleati trotzkisti per avere il controllo della guerra contro i fascisti. Lo scrittore, che aveva definito la situazione come «un regno del terrore» era stato costretto a fuggire dal paese perchè gli stalinisti imprigionavano gli ex commilitoni etichettandoli come traditori. Lo scrittore nel 1937, quand’era ancora non molto conosciuto, si era offerto volontario per combattere il fascismo in Spagna e si era unito alle forze del Poum, un partito socialista rivoluzionario anti-stalinista d’ispirazione trotzkista affiliato in Gran Bretagna al partito indipendente laburista (Ilp). A quell’epoca i comunisti, sotto la guida di Stalin, avevano iniziato a sopprimere i trotzkisti e ad infiltrare spie fra le schiere dei loro oppositori. L’agenzia sovietica di spionaggio, denominata allora Nkvd prima di essere ribattezzata Kgb, aveva reclutato come spia un giovane comunista londinese di nome David Crook, chiedendogli d’investigare su Orwell, sua moglie e gli altri membri del contingente dell’Ilp. Ad istruire Crook sulle tecniche di spionaggio era stato Ramon Mercader, un comunista che in seguito uccise Trotzki in Messico. La spia britannica s’infiltrò nell’ufficio dell’Ilp a Barcellona e dopo poco tempo riuscì a muovervisi liberamente rubando nelle pause pranzo documenti segreti che venivano poi fatti fotografare all’ambasciata russa. Dati più particolareggiati dell’attività di Crook sono custoditi negli archivi del Kgb, anche se la cartella di Orwell è ancora tenuta segreta. Tra i rapporti di Crook, ve n’è uno nel quale la spia si diceva «certa al 95%» che Eileen Blair, che aveva sposato Orwell nel 1936, aveva una relazione extraconiugale con George Kopp, un altro membro dell’Ilp descritto da Bowker come «strano avventuriero belga».
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