Il 24 gennaio del 1943 è un giorno come tanti altri a Londra, se non fosse per la guerra che imperversa ormai da anni e che alla Gran Bretagna costa ogni giorno bombardamenti e morti. Talmente tanti sono questi morti che nessuno fa caso se ce ne sia uno in più o uno in meno. Così, probabilmente, nessuno si è accorto del trafiletto di fondo pagina che annuncia il ritrovamento del corpo senza vita nei pressi della stazione di King’s Cross di un senzatetto gallese di 34 anni, tale Glyndwr Michael, che ha deciso di porre fine alla sua complicata esistenza ingerendo un topicida. Un dramma nel dramma. Il povero Glyndwr non ha parenti pronti a piangere sulla sua salma e il suo cadavere viene trasportato, in attesa di sepoltura, in una cella frigorifera di un obitorio della City. Da lì, però, comincerà un’inaspettata seconda vita per il clochard gallese. Tutto è lecito nella seconda guerra mondiale. E se sono i fanti a rischiare la vita al fronte, non meno importante è il lavoro di chi, tutti i giorni, chiuso in uffici angusti, sotterranei e strabordanti di fumo di sigaretta, escogita le tecniche e gli stratagemmi più cervellotici e impossibili pur di ingannare il nemico. Si inventano di tutto quelli dei servizi segreti: codici indecifrabili, trappole nascoste e armi non convenzionali. Si progetta di tutto sotto le strade di Londra. Pensate che, addirittura, qualche folle è arrivato a concepire una bomba comandata dall’interno da un piccione ammaestrato. Ma per quanto improbabili e irrealizzabili siano questi progetti è innegabile che per sconfiggere i nazisti sia necessario pensare fuori dagli schemi. Il prossimo obiettivo dell’intelligence è di trarre in inganno gli uomini di Hitler così da poter sbarcare in Sicilia e prendere, partendo da sud, il controllo dell’Europa meridionale occupata. Il compito di depistare le armate tedesche viene assegnato a un avvocato londinese di mezza età, calvo e gracile, avvezzo più all’utilizzo delle parole che a quello delle armi, tale Ewen Montagu. Non proprio l’identikit del John Rambo di turno capace di abbattere da solo chissà quanti crucchi. Tuttavia è complicato cogliere in fallo un nemico, l’Abwehr (il servizio segreto tedesco), che è pieno di risorse e di alleati in Europa, anche tra chi ufficialmente rimane neutrale. Ewen non riesce a cavare un ragno dal buco: non sa davvero come fare a elaborare un piano che regga al momento dei fatti. E così, brancolando nel buio, ogni giorno scorre uguale all’altro, tra bombe, sigarette e un’aria che diviene sempre più irrespirabile. Fino a che, per le mani di Montagu, non arriva un memo del 1939 scritto da un suo collega, un certo Ian Fleming, che qualche anno dopo avrebbe ottenuto un discreto successo come scrittore di romanzi. Nel memo in questione, Fleming prospettava l’utilizzo di un finto messaggero cadavere, presumibilmente precipitato col suo aereo, da fare ritrovare volontariamente al nemico con indosso false informazioni sensibili. Solo la fervida immaginazione di uno scrittore poteva concepire un piano del genere. E infatti, al pari di tante altre idee reputate folli come la succitata bomba al piccione, il piano del creatore di James Bond fu archiviato. Almeno fino al giorno in cui il rapporto non è terminato nelle mani di Montagu.
L’avvocato londinese si convinse che quella era un’opzione perseguibile e, recatosi da Churchill, richiese di poter procedere ad attuarla. Il primo ministro inizialmente è riluttante: come si può sconfiggere Hitler con un morto? Ma alla fine cede. All’operazione viene dato il nome di “Mincemeat”, carne tritata, con un macabro riferimento alle spoglie che sarebbero state utilizzata per la sua riuscita. Appunto, le spoglie. A questo punto serve un cadavere, e non uno qualsiasi: innanzitutto c’è bisogno che abbia la giusta età, tre i 30 e i 40 anni, così da poterne plasmare meglio l’identità; poi serve che sia morto in una determinata maniera. Assolutamente non una morte violenta, men che meno per malattia o lesioni auto inflitte. Dunque? Serve un morto per avvelenamento! Negli anni ’40 è ancora troppo presto per gli esami tossicologici e l’autopsia non rileverebbe mai le vere cause della morte; infine, anche se è brutto da dire, serve carne fresca. Ci vuole un morto deceduto da poco, in condizioni ancora buone, altrimenti si rischia che i tedeschi non abbocchino. E poi, preferibilmente, c’è bisogno di un cadavere dimenticato da tutti e non reclamato da nessuno. Dopo aver scandagliato palmo a palmo, o meglio, cella frigorifera per cella frigorifera, tutti gli obitori di Londra, finalmente Montagu e i suoi assistenti trovano la salma giusta: quella di un senzatetto gallese di 34 anni morto per avvelenamento autoinflitto da topicida.
Quella di Gwyndr Michael. A questo punto la materia prima c’è, manca solo di “darle vita”. Il piano ideato da Montagu prevede che il cadavere di Michael venga fatto riemergere nei pressi delle coste di Huelva, in Spagna, in un territorio ufficialmente neutrale ma che è in realtà molto vicino ai nazisti. Gli spagnoli farebbero di tutto per aiutare le armate di Hitler, sia per affinità ideologiche, sia perché i tedeschi hanno contribuito a far trionfare i franchisti durante la guerra civile. Vi dice qualcosa Guernica? Addosso al corpo, verranno strategicamente inseriti dei finti documenti ufficiali che recheranno false informazioni: secondo le carte, gli alleati sono pronti a invadere l’Europa meridionale dalla Grecia e dalla Sardegna, e il piano di invadere la Sicilia altro non è che un diversivo. Per dare inizio al piano, però, serve dare una nuova identità al povero Gwyndr: evidentemente un barbone non potrebbe mai trasmettere informazioni sensibili ai vertici militari, né probabilmente sarebbe capace di pilotare un qualsivoglia velivolo. Così Gwyndr Michael, senzatetto proveniente dal Galles, diventa il Maggiore Capitano William Martin. È abbastanza triste come cosa, ma pensandoci a Gwyndr non sarebbe dispiaciuto nemmeno troppo: del resto la sua vita era stata talmente avara con lui da fargliela finire anzitempo, di certo gli sarebbe andato a genio poterne vivere un’altra. O poterne morire? In ogni caso è importante rendere credibile e quanto più umano possibile il Maggiore Martin. Per fare ciò, Montagu e i suoi iniziano a riempire il suo portafogli con le classiche cartacce che si trovano normalmente al suo interno: oltre ai documenti d’identità falsi e alle notizie sensibili dunque, chi troverà il cadavere rinverrà anche una lettera scritta dall’”affezionatissimo padre”, un’altra ricevuta dall’amata fidanzata Pam e, per non farsi mancare nulla, persino una ricevuta di sollecito da parte della Lloyd Banks per un prestito ancora non restituito. Tutto materiale atto a confermare l’identità di William Martin che, alla fine, prima che un soldato è un uomo. Un uomo che non è mai esistito.
Il 30 aprile del ’43 si dà finalmente inizio all’attuazione del piano: il sottomarino HMS Seraph, il cui equipaggio è allo scuro dell’operazione che sta compiendo, eccezion fatta per il comandante Bill Jewell e altri due ufficiali, fa giungere nella zona prestabilita una sonda meteorologica con all’interno il cadavere. In realtà è un semplice congelatore: del resto Gwyndr Michael si è suicidato a gennaio, e se non si fosse utilizzato il congelatore davvero si sarebbe potuto parlare di carne tritata… in ogni caso, la fasulla sonda viene lasciata in balia delle onde, mentre il Seraph riprende le profondità marine e sparisce, silenzioso. Come sperato, un gruppo di pescatori recupera il congelatore mascherato, e rinviene al suo interno il corpo esanime del Maggiore William Martin, che a ben vedere sembrerebbe precipitato con il suo aeroplano. Veste ancora il giubbotto di salvataggio, e viene trasportato in fretta alla guardia costiera che a sua volta lo spedisce ai tedeschi. Incredibilmente, l’operazione ha successo: l’Abwehr considera i documenti originali e prontamente avvisa il comando generale. I tedeschi sfoltiscono così le guarnigioni presenti in Sicilia, rafforzando quelle in Grecia e in Sardegna, permettendo, il 10 luglio, un’invasione non troppo difficile agli Alleati che in breve tempo conquistano le strategiche alture siciliane. Un successo assolutamente insperato. Dopo la guerra, Montagu raccontò questa incredibile storia in un libro, da cui nel 1956 venne tratto un film, “The Man Who Never Was”, l’uomo che non è mai esistito. Quanto ai poveri resti del Maggiore/senzatetto, a Huelva, con tutti gli onori militari, viene scavata una tomba nella quale la salma è inumata. Ovviamente sulla lapide il nome inciso è quello del Maggiore Capitano della RAF William Martin, caduto in combattimento. Ancora oggi si può andare a fare visita all’eroe di guerra che salvò il mondo a sua insaputa, ma ai piedi del marmo che ricopre la sepoltura, dal 1998, c’è un altro nome, quello di Gwyndr Michael. Un senzatetto che sarebbe finito dimenticato in chissà quale fossa, e che invece, a fronte di una vita che lo ha maltratto, ha trovato la gloria nella sua ora più buia, come il continente che aveva contribuito a salvare. La storia straordinaria di un uomo che probabilmente non visse mai, ma che sicuramente morì due volte.
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