Il tuo Personal Brand è la ragione per cui un cliente, un datore di lavoro o un partner ti sceglie

Il Personal Branding è il processo per identificarla, coltivarla e comunicarla nella maniera più efficace possibile.

Se sei uno:
sviluppatore/designer/architetto/avvocato/blogger/project manager/scrittore/etc.
come fai a distinguerti da tutti gli altri:
sviluppatori/designer/architetti/avvocati/blogger/project manager/scrittori/etc.
là fuori sul mercato?

Definire una strategia

Fare Personal Branding significa impostare una strategia per individuare o definire i tuoi punti di forza, quello che ti rende unico e differente rispetto ai tuoi concorrenti e comunicare in maniera efficace cosa sai fare, come lo sai fare, quali benefici porti e perché gli altri dovrebbero sceglierti.
Altrimenti saresti percepito come uguale a tutti gli altri e quindi sarebbe impossibile distinguerti!

Senza un Personal Brand sei solo un bravo professionista!

Quali i vantaggi?

Fare Personal Branding significa puntare finalmente sul proprio asset principale: se stessi!
Vuol dire “farsi comprare” in anticipo, attrarre più opportunità congruenti rispetto a quello che sai fare meglio.
La strategia di Branding costituisce le fondamenta di ogni buona azione di comunicazione e di Marketing.
Ad esempio se tu volessi rifare la grafica al tuo sito, sapresti spiegare i tuoi obiettivi ad un Web Designer?
Sapresti spiegargli quale messaggio, quale promessa, a chi comunicarli e quali immagini stimolare nelle loro menti?
Facendo Personal Branding sì: con un grande risparmio di denaro e risorse.

Cosa non è

Non c’entra con il “vendere meglio se stessi“, dando un’immagine falsa di sé o facendo percepire un valore aggiunto che in realtà non c’è. Vendere richiede molto tempo e implica un alto tasso di fallimento. Molto meglio spiegare con chiarezza la ragione per cui dovremmo essere scelti e fare in modo che siano gli altri a cercarci!
Il Personal Branding non coincide con il Social Media Marketing o con l’avere un Blog personale. Prima di preoccuparti di usare bene i servizi digital è bene essere sicuro di avere un senso per il tuo mercato!

Cosa è cambiato

Oggi la nostra immagine è sempre meno sotto il nostro controllo ed è definita in continuazione dal nostro “pubblico”, dai clienti, da chi conta nel nostro specifico settore, dai partner e collaboratori, da tutti coloro che si confrontano e conversano su di noi, soprattutto online. È sicuramente sempre più importante essere online e partecipare attivamente a questo processo. Per questo diciamo che Internet e in particolare i Social Media oggi possono essere considerati il doping del Personal Branding.
Se in passato si insisteva sulla promozione personale e il “costruirsi” un’immagine a tavolino, oggi con il Web2.0 e i Social Media, il Societing e “la conversazione”, si parla di trasparenza, condivisione, collaborazione, networking…
Oggi su può dire che un Personal Brand non esiste senza la capacità di generare un’influenza.
Un Brand non esiste senza la forza di aggregare una community.
Si parte dalla propria personalità e unicità, dai propri punti di forza, per costruire una relazione duratura e a due vie con il proprio pubblico, capace di rafforzare e addirittura, molto spesso, migliorare il proprio Brand e attrarre nuove opportunità.

Anche a rischio di semplificare molto, ci si riferisca spesso al personal branding come a una forma sui generis di marketing applicato alla persona. L’obiettivo finale di qualsiasi operazione di personal branding, infatti, è riuscire a imprimere nella mente di individui e organizzazioni un’immagine, ben confezionata, di sé. Come per un’azienda o un prodotto, posizionarsi – qui anche, letteralmente, posizionare se stessi – nella mente di un consumatore o di uno stakeholder richiede però di tenere in considerazione, oltre ai propri, anche valori, sistemi di riferimento e percezione che questi stessi consumatori o stakeholder hanno già del proprio stesso brand. È, insomma, quando le due immagini – quella che si prova a veicolare di sé e quella che invece di sé hanno gli altri – si sovrappongono che il personal branding si può considerare riuscito. Per questo c’è chi come Jeff Bezos, quando parla di personal branding, ama definirlo come «quello che la gente dice di te, una volta che sei uscito dalla stanza».

Che uno, forse il più grande, imprenditore digitale si soffermi a spiegare cos’è per lui il personal branding non deve stupire. È stato in questi anni di profonde trasformazioni del mercato del lavoro, dell’emergere di nuove figure di professionisti del digitalee di un progressivo scollamento dal mito del posto fisso e della stabilità del lavoro dipendente verso forme di lavoro autonome che il personal branding è arrivato nel pieno della sua maturità. Come sostiene Reid Hoffman (il co-fondatore di LinkedIn), nel suo “The Startup of You”, ciascuno vive perennemente secondo una «versione beta di se stesso»: ciò implica, certo, la necessità di continuare a crescere giorno dopo giorno, di sapersi reinventare come persone e come professionisti, di puntare a un continuo miglioramento delle proprie skill tecniche e non solo; soprattutto però essere eterni stratupper di se stessi implica imparare a comunicarsi al meglio. Non a caso un’altra delle metafore più utilizzate per riferirsi al personal branding è quella del packaging: quando non basta più lavorare su se stessi e sviluppare un vantaggio competitivo rispetto agli altri, serve una confezione allettante e che colpisca l’attenzione di clienti, datori di lavoro, ecc.

COME FARE PERSONAL BRANDING

Per fare personal branding, insomma, serve innanzitutto un brand a cui poter dare forma concreta, visibile, riconoscibile. Può essere utile porsi obiettivi e traguardi da raggiungere in un determinato arco di tempo. Anche stabilire mission e vision e assicurarsi che siano chiare al pubblico a cui ci si rivolge, però, è di fondamentale importanza. Step e obiettivi di un’operazione di personal branding, insomma, sono molto simili a quella di qualsiasi altra più tradizionale operazione di branding. Nella guida al personal branding di Hubspot compaiono, così, voci come quella dellaunique value proposition: il professionista, l’influencer che punti a comunicare il suo brand, esattamente come ogni nuovo prodotto lanciato nel mercato, deve trovare quell’elemento che lo distingua dai suoi competitor e che lo renda unico e insostituibile. C’è chi lo chiama, con una formula mediaticamente molto d’appeal, X-factor e chi sottolinea, invece, l’importanza del dar spazio soprattutto ai propri tratti distintivi, specie se bizzarri e sopra le righe, o persino di costruirne ad arte qualora non se ne riescano a trovare: rendono, infatti, più facile il ricordo del brand. Tra gli altri ingredienti necessari per fare del buon personal branding? Non possono mancare le conoscenze specifiche e di settore, lo zelo e la capacità di restare focalizzati sui propri obiettivi. Contano però anche le relazioni e la capacità di fare network, dentro e fuori dal proprio ambiente di riferimento. Soprattutto, occorre assicurarsi che il proprio brand personale sia

  • consistente e per farlo può aiutare scegliere degli elementi – un’identità visiva, per esempio, o anche più semplicemente una foto profilo o un logo – da ripetere uguali e ridondanti sui propri canali e nei propri messaggi fino a farli diventare dei veri e propri distintivi;
  • visibile, risultato che implica oggi più che mai investire in attività di PR per esempio per far guadagnare al proprio brand quanto più spazio possibile su media tradizionali e non;
  • in linea con la propria reputazione, on e offline, o in grado di proteggerla e migliorarla.