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https://www.liberliber.it/mediateca/libri/c/campanella/la_citta_del_sole/html/la_citta.htm


https://doc.studenti.it/scheda-libro/storia/3/utopia-tommaso-moro.html


https://doc.studenti.it/appunti/letteratura/bacone-moro-campanella-saramago-calvino.html


UTOPIA

 Il termine viene coniato da Tommaso Moro, è composto dalle voci greche οὐ (“non”) e τόπος (“luogo”) e significa quindi luogo che non esiste. Il secondo significato deriva dalla prima lettera della parola che si pronunciava in inglese εὖ (“buono” o “bene”), quindi luogo felice. L’utopia è un assetto politico, sociale e religioso che non trova riscontro nella realtà, ma che viene proposto come ideale e come modello; può anche riferirsi a una meta non raggiungibile.

UTOPIA DI TOMMASO MORO 
L’ “Utopia”si divide in due libri.
Il primo analizza il malessere economico e sociale dell’Inghilterra del primo Cinquecento. Il secondo descrive Utopia, un’isola felice a forma di mezzaluna, fondata dal legislatore Utopo.
Al centro di Utopia vi è Amauroto, capitale dello Stato. I cittadini sono secondo la legge tutti uguali; gli schiavi sono coloro che hanno commesso reati più gravi. L’intero Stato è basato sulla democrazia, le leggi sono poche, semplici e chiare; le guerre offensive sono bandite e la difesa dell’isola è affidata ad un esercito popolare di volontari supportato da mercenari.
L’intera popolazione vive in armonia e nell’abbondanza, non esiste una proprietà privata e tutti collaborano. Il nucleo fondamentale della società di Utopia è la famiglia, all’interno di essa, a comandare è il più anziano e grande importanza è attribuita al matrimonio. L’economia di Utopia è fondata sul lavoro e l’ agricoltura deve essere praticata sia dall’uomo che dalla donna. Inoltre, ognuno apprende un mestiere suo particolare; lavorano tutti sei ore al giorno, tranne una piccola parte di intellettuali che è autorizzata a dedicarsi agli studi. Non vi è circolazione di denaro, l’oro e le pietre preziose vengono disprezzate. In Utopia non c’è nessuna religione di Stato ed è concesso a tutti di venerare il proprio dio; l’ateismo non è accettato perché è considerato pericoloso per la sopravvivenza della società.
LA CITTÀ DEL SOLE DI TOMMASO CAMPANELLA 
“La città del Sole” è un dialogo poetico tra l’Ospitalario, cavaliere di Malta, e il marinaio Genovese che racconta di aver fatto ritorno dall’isola di Taprobana. La città è posta su un’altura ed ha sette mura circolari che la rendono inespugnabile. Si entra da quattro porte disposte in base ai punti cardinali; sulla cima sorge il tempio del Sole. Essa è governata dal principe Sole o Metafisico ed è aiutato da Pon, Sir e Mor ( Potenza, Sapienza e Amore). Nella città, è bandita la proprietà privata,ritenuta l’origine delle discordie sociali e politiche.
E’ vietata la circolazione di denaro e il lavoro, di quattro ore giornaliere, è obbligatorio per tutti. La procreazione è decisa dallo Stato poiché la prole è un bene pubblico. Le leggi sono brevi e chiare e il concetto di famiglia viene abolito poiché degenera in nepotismo. I Solari professano la religione naturale,credono nell’immortalità dell’anima, ma non hanno certezze sui luoghi di pena o di premio dopo la morte.
CONFRONTO
Moro e Campanella cercano di combattere tutte le istituzioni politiche e religiose, ormai corrotte.
In entrambe le opere, gli autori ricorrono alla metafora del viaggio e dell’isola. Le comunità sono situate in luoghi isolati ed essendo società ideali, sono aboliti passato e futuro. 
In entrambe non esiste la proprietà privata,tutto appartiene a tutti e non ci sono né poveri né mendicanti. 
RELIGIONE
Gli utopi professano religioni diverse ma riconoscono nei vari dei un unico Dio, ciascuno è libero di professare la sua religione. Traspare però un rifiuto dell’ ateismo; gli atei non hanno nulla a cui credere e su cui giurare ma vogliono comunque inculcare nelle menti altrui le proprie idee. Moro è animato dalla fede cattolica.
Sole conosce tutti i vizi che tormentano la città e compie un sacrificio dove chiede chi tra i cittadini si voglia sacrificare a Dio, garantendo la difesa di tutti i Solari. Colui che si offre deve trascorre venti giorni pregando e mangiando ciò che i sacerdoti gli danno e quando torna o è molto apprezzato dagli uomini o diventa sacerdote.
Sopra il tempio vivono dei sacerdoti che pregano e osservano le stelle, grazie a queste danno informazioni a Sole per informarlo sulle scoperte della città e del mondo.
Non credono che l’universo sia eterno, pensano che sia stato creato o dalla fine di altri mondi o dal Caos. Onorano il Sole e vi vedono l’immagine di Dio, tanto da avere nella loro città tanti oggetti con quella forma (es: le mura…).             FAMIGLIA ED EDUCAZIONE                                                                                                                                                                                     Il nucleo fondamentale della società di Utopia è la famiglia, sia nel campo economico che politico. Questa è la prima tappa produttiva dell’agricoltura ed è unità base della politica, perché decide l’elezione dei filarchi (uno ogni trenta famiglie) e dei candidati al principato. All’interno della famiglia a comandare è il più anziano o il parente prossimo più anziano. I figli devono ubbidire ai padri e le mogli ai mariti. Viene attribuita grande importanza al matrimonio, infatti le leggi sono molto più severe su quest’argomento. Prima del matrimonio i due interessati vengono spogliati nudi e fatti vedere all’altro per la decisione finale e per verificare che nessuno dei due abbia imperfezioni fisiche che non aveva fatto presente all’altro. Sono vietati i rapporti precedenti al matrimonio.

A Taprobana i bambini, dopo essere nati, rimangono con le madri due anni e il loro nome non viene dato dai genitori ma viene scelto dal Sole. Dopo essere stati separati dalle madri, vengono portati da quattro maestri ai piedi delle mura, dove possono imparare a conoscere. Dopo i sette anni cominciano ad andare a lezione, ad occuparsi dei servizi o a lavorare in campagna.                                                                                                                                                                          STUDIO E LAVORO                                                                                                                                                                                                Nel caso di Moro possiamo vedere che la società può anche essere interpretata come una forma di socialismo, essendo una società meritocratica, dove i più capaci e più portati allo studio fanno poi parte della classe sociale dei sifogranti.

Campanella non fa distinzioni di classi sociali, per cui il lavoro è obbligatorio per tutti.                                                      GUERRA                                                                                                                                                                                                                          Gli utopi sono pacifici, avendo raggiunto la giustizia-garanzia di pace-con l’abolizione della proprietà privata, detestano la guerra e la vedono come una cosa propriamente animale.Essi non assegnano nessun valore alle
virtù militari, pur addestrando uomini e donne. Nonostante il pacifismo fondamentale del governo di Utopia, ci sono almeno tre casi di guerra giusta: per difendere i propri confini, per respingere nemici che abbiano invaso territori di amici e per liberare un popolo oppresso da una forma di governo tirannica.Quindi ammettono l’esistenza di validi motivi per combattere. 
La guerra di legittima difesa è ammessa dal bellum iustum medievale: è una giusta causa se a dichiararla è l’autoritàSono amici e alleati quegli Stati che o sono stati beneficiati da Utopia o sono addirittura governati da magistrati utopiani. La terza causa, introdotta da Moro, costituisce un’assoluta novità nel pensiero internazionalista: gli utopi possono combattere una guerra «per pietà di un popolo oppresso da tirannide, allo scopo di liberarlo con le proprie forze dall’oppressione e dalla schiavitù»

 Gli atleti insegnano l’esercizio della guerra che viene seguito ogni giorno. Anche le donne imparano queste arti poiché hanno il dovere di difendere le mura e in caso di necessità possano essere di supporto agli uomini. Non temono la morte, perché tutti credono all’immortalità dell’anima ma non nella reincarnazione di essa. Si esercitano non solo allo scopo della guerra ma anche per non impigrirsi. Prima di bandire la guerra pregano Dio e poi esaminano il merito del negozio. Ci sono cinque, otto o dieci capitani di consiglio di guerra e di strategie che portano con loro una squadra di fanciulli a cavallo per mostrare le tecniche. Negli assalti, a chi per primo scavalca il muro, gli viene data una corona di gramigna con l’elogio dei militari, delle donne e dei fanciulli, mentre chi aiuta il compagno ha la corona civica di quercia. I cavalieri usano la lancia e le pistole, gli uomini d’arme portano la mazza con due catene sulla punta che servono a cingere il collo del nemico, infine la cavalleria leggera utilizza aste e frombole. Quando si vince, si torna in città per narrare le imprese e si danno premi; quando si perde, per la mancanza di aiuti o per viltà, le persone interessate non possono scampare la morte (ad eccezione di una particolare richiesta da parte dei compagni o  di una valida motivazione).


 

ARTICOLO REDATTO DALL’ALLIEVA CARDIN MARTA DELLA CLASSE IV A DEL LICEO CLASSICO