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battaglia di Agnadello


I discorsi di Macchiavelli (libro intero)


manoscritto inglese dei discorsi di Machiavelli

Questo saggio nasce dalle riflessioni di Nicolò Machiavelli, autore de ‘Il Principe’, opera dedicata a insegnare ai principi un metodo efficiente per gestire il potere e a spiegare ai borghesi come proteggere i propri beni,  quando è spettatore della battaglia di Agnadello.

La battaglia è successiva al patto di Cambrai (10.12.1508), sottoscritto in segreto dalla Francia e altre potenze europee contro la Repubblica di Venezia, che era al culmine della propria potenza con possedimenti italiani di terraferma che arrivavano a ridosso di Milano, territori in Romagna, nelle Marche e persino in Puglia. La battaglia di Agnadello, nei pressi di Bergamo, si svolse nel maggio del 1509 e combatterono l’esercito francese,capeggiato da Luigi XII e composto da: 6.000 fanti svizzeri, 12.000 fanti francesi, 2.000 uomini d’arme e 67 pezzi di artiglieria pesante e l’esercito veneziano,  composto da: 2000 uomini d’arme, 3000 cavalleggeri, 15.000 fanti e “copia grandissima di artiglierie” per un totale di circa 150 bocche di fuoco.

Il giorno 10 maggio vi furono isolati colpi di artiglieria mentre il giorno successivo l’esercito francese condotto dal suo re in persona, Luigi XII, prese Rivolta d’Adda e la saccheggiò.

Il 14 maggio Luigi XII fece spostare il campo da Rivolta a Pandino, tuttavia alle ore 14 dello stesso giorno parte dell’esercito francese  e la retroguardia dell’esercito veneziano, al comando di Bartolomeo d’Alviano, si incontrarono nei pressi del cascinale Mirabello, pochi chilometri fuori da Agnadello.

Il capitano francese, vedendo le truppe di Venezia disorganizzate,  ordinò all’artiglieria di aprire il fuoco. Informato dai messaggeri il conte di Pitigliano, capitano generale delle milizie della Repubblica di Venezia, invitò l’altro comandante della Serenissima a evitare lo scontro ma, a causa di un ritardo del messo e per il forte desiderio di combattere, Bartolomeo d’Alviano diede, invece, inizio alla contro offensiva, riuscendo a sbaragliare la cavalleria francese nemica.

A questo punto Bartolomeo d’Alviano diede ordine di dirigersi un poco più a sud, nel luogo dove sorge l’attuale cascina Mirabello, per disporre più favorevolmente l’artiglieria. L’esercito Veneziano fece in modo di precedere i nemici, che furono attaccati con forza e messi ulteriormente in difficoltà, verso le ore 16 da un forte scroscio di pioggia.

Dopo più di tre ore dal campo di battaglia ormai coperto di morti si alzò il grido: “Vittoria, vittoria. È rotto il campo dei veneziani”. All’udire tali parole vari comandanti passarono alle file nemiche e la maggior parte degli armati si diede alla fuga. Alviano resistette valorosamente ma fu prima ferito e poi catturato. I veneziani rimasti non si arresero facilmente e, come sostiene Giucciardini, senza voltare le spalle al nemico morirono nel luogo ove si trovavano.

La battaglia terminò attorno alle 18 del 14 maggio 1509, rimasero sul campo 14.600 soldati (così riportava la lapide della chiesa fatta erigere sul luogo da Luigi XII). Il bottino fu cospicuo: vari pezzi d’artiglieria di diverso calibro, armi, munizioni, centinaia di prigionieri e vari valenti comandanti tra cui Bartolomeo d’Alviano, che rimase nelle mani dei francesi per quattro anni. Il 16 maggio il re francese lasciò Agnadello alla volta di Pandino e poi di Crema; per i veneziani la guerra era ormai perduta.

La battaglia di Agnadello diede vita ad un lungo processo di decadenza della Repubblica veneziana.

Machiavelli, vedendo combattere i contadini veneziani, riconosce in loro il desidero di difendere la patria ad ogni costo. Il filosofo allora capisce l’importanza del concetto di patria, trovandolo un importante strumento per controllare un enorme numero di persone, per creare un potere più stabile, perchè le persone si ribellino di meno.

I Discorsi hanno ad oggetto temi diversi, non ordinati ma sparsi, tenuti insieme, in apparenza, solo dal filo della conversazione, una serie di divagazioni condotte a partire da un testo-base: la prima Deca della storia di Roma di Tito Livio: le repubbliche; i popoli; il costume dei cittadini; principi e principati; le leggi e le congiure; la guerra, le milizie e i capitani; fortuna e virtù; libertà e corruzione; le qualità morali delle classi dirigenti. L’opera fu dedicata a Zanobi Buodelmonti e a Cosimo Rucellai, due esponenti degli Orti Oricellari a Firenze giovani aristocratici che si riunivano per discutere di politica, arte e letteratura, che tentarono una congiura contro i Medici che fu dopo scoperta.

L’opera si divide in tre libri

Libro I

Il primo libro, costituito da 60 capitoli, tratta di politica interna: organizzazione dello Stato, le leggi e l’importanza della religione come strumento politico nelle mani di chi è al potere. Machiavelli rimpiange i culti pagani dei romani, che portavano il cittadino ad immedesimarsi nello Stato. Accusa la religione cristiana di distogliere la popolazione dagli interessi civili e dall’amore patrio. Nei capitoli . XI-XV Machiavelli analizza le religioni in una prospettiva puramente utilitaristica nell’ambito politico.

 

Innanzitutto Machiavelli sceglie la repubblica romana come tema della sua opera perché è stata quella più duratura nel tempo, circa 500 anni (dal 509 a.C. al 27 a.C.).
Successivamente spiega i tre modi in cui si possono fondare le città : il primo avviene quando popoli di piccole comunità si aggregano di fronte a un nemico comune oppure per vivere meglio; il secondo avviene quando un regno conquista un nuovo territorio ricco di risorse e vuole imporre subito il suo potere e il terzo avviene quando estranei, che sono dovuti fuggire dalle proprie terre di origine a causa di fame, malattie o guerre, fondano nuovi insediamenti

Successivamente illustra esempi per ogni tipo di modo di fondazione delle città.

 Per il primo tipo descrive la fondazione di Atene sotto l’autorità di Teseo, che è stata edificata da abitatori dispersi che si sono aggregati in un’unica comunità per riuscire a difendere meglio e a commerciare fra piú persone e avere più facilmente i viveri necessari per vivere. Per il secondo tipo parla di Alessandro Magno che, dopo aver conquistato l’Egitto, decise di edificare Alessandria in suo onore ma anche perché era una cittá portuale, che garantiva il commercio sul Mediterraneo. Infine per il terzo tipo porta gli esempi di Mosè e di Enea. Questo secondo Machiavelli é il caso dove si conosce la virtù dell’edificatore. La virtù del quale si conosce in due modi : l’elezione del sito e l’ordinamento delle leggi.

Anche le repubbliche perfette possono crollare perchè spesso i governanti non mettono in conto il caso e la volontà dei sudditi. Gli uomini non si accordano mai alle leggi a meno che queste ultime non siano favorevoli o necessarie. Il popolo, però, con il passare del tempo ha esigenze diverse e i buoni governanti riescono a modificare le vecchie leggi e adattarle, come è successo alla repubblica di Firenze.

Machiavelli poi fa riferimento all’ Anaciclosi dello storico greco Polibio. Infatti afferma che esistono tre tipi di governo: il Principato, gli Ottimati, la Repubblica; questi governi però possono facilmente degenerare. Quando le persone capiscono che danneggiarsi a vicenda non è vantaggioso, decidono di eleggere un principe (il più giusto e il più prudente). Quando la carica del principe diventa ereditaria, però. il principe incomincia a commettere atti mirati solamente a se stesso e il popolo elegge un tiranno, che si finge un liberatore. Invece il governo di ottimati, quando il primo gruppo di governanti muore e tocca ai figli governare, si riduce ad una oligarchia. Invece quando il popolo prende troppo potere, si rischia di arrivare al punto dove tutti non temono nessuno e si crea il caos.

Machiavelli poi riporta l’esempio di Licurgo, che aveva riorganizzato gli organi della vita politica di Sparta, in questo modo:

  • due re. Per questa ragione si parla di diarchia.
  • L’apella, che era composta da tutti i cittadini di Sparta (spartiati) che avessero superato i trent’anni di età.
  • la Gherusia, che era il consiglio di anziani della polis di Sparta.
  • gli Efori che furono la più importante delle magistrature spartane.

Machiavelli loda le opere di Licurgo, perchè è riuscito a creare un sistema di governo stabilissimo includendo la parte monarchica, ottimata e la parte democratica. Invece critica le azioni di Solone che, concentrando tutto il potere nelle mani del popolo, portarono alla tirannide di Pisistrato.

Approfondisce, poi, altri eventi storici. Una volta che i Tarquini lasciarono Roma, l’aristocrazia prese il potere per un breve periodo di tempo. Questo dominio fu però mal gestito perchè gli aristocratici pensavano soltanto ai loro interessi e crearono molto malcontento nel terzo stato. Questa disunità ha portato Roma a trasformarsi in una Repubblica. Consentendo solo ai senatori di essere giustificati in un tribunale, si è creato, peraltro, un altro grosso problema: un clima di intolleranza e di faziosità.

Il Machiavelli schiera quindi i regnanti più lodevoli, i primi dei quali sono i leader che hanno governato assieme alla religione, poi quelli che guidano perché hanno creato una repubblica o un regno basandosi sulla cultura e sulle virtù. Allo stesso tempo scredita i governanti che hanno mantenuto il potere a discapito di ogni altra arte, che rechi onore o utilità alla umana generazione. Infatti, ai governanti come Tito, Nerva, Traiano, Adriano, Antonino e Marco, non erano necessari i soldati né la moltitudine delle legioni a difenderli, perché i loro comportamenti, la benevolenza del popolo, l’amore del Senato, li difendeva. Invece a Caligola, Nerone, Vitellio, ed a tanti altri scellerati imperatori, non bastarono gli eserciti orientali ed occidentali per salvarli contro i nemici interni derivati dalla loro vita malvagia .

La religione a Roma è stata citata come causa primaria di gioia in città. La religione infatti serve principalmente a tre scopi:

1) comandare gli eserciti,

2) animare la plebe e a mantenere gli uomini buoni,

3) fare in modo che i delinquenti si pentano delle loro azioni

Discute poi sulla libertà. Machiavelli spiega che la libertà diventa un problema una volta che un tipo di governo cambia. E chi prende a governare una moltitudine, o per via di libertà o per via democratica, e non si assicura della libertà dei sudditi, fa uno stato di poca vita. Critica “quelli principi che, per assicurare lo stato loro hanno a tenere vie straordinarie, avendo per nemici la moltitudine: perché chi ha  pochi nemici, facilmente e senza molti problemi, si assicura un potere duraturo, ma chi ha per nemico tutto il popolo non si assicura mai, e quanta più crudeltà usa tanto più debole diventa il suo principato.”

Un principe debole può facilmente distruggere un regno. Fortunatamente, i primi tre re avevano ciascuno una certa forza, che ha aiutato la città. Romolo era feroce, Numa era religioso e Tullio era dedito alla guerra.

Il libro sposta quindi leggermente l’attenzione per discutere la riforma di uno stato. Machiavelli spiega che, se uno vuole cambiare lo stato, deve mantenere alcune caratteristiche dello stato precedente. Inoltre, dice che il governo non dovrebbe negare le necessità dei cittadini.

Quindi, spiega che avere un’autorità dittatoriale è stato utile per Roma perché una repubblica riesce può sempre prendere le decisioni rapide richieste da una crisi, e in questi casi una persona può fare un lavoro migliore di tutto un senato. Roma ha beneficiato perché la carica di Dittatore è stata scritta nella costituzione nel 501 a.C. in modo che potesse essere esercitata legittimamente durante l’emergenza e poi ritirata. Concludendo, le repubbliche deboli non sono veramente in grado di prendere decisioni importanti e qualsiasi cambiamento verrà dalla necessità.

I temi dell’orgoglio e della corruzione appaiono molte volte in quest’opera. Machiavelli crede che sia molto facile per una persona essere corrotta (la corruzione è il fattore che porta le forme buone di governo a degenerare). È anche un bene per un soldato avere il desiderio di combattere per orgoglio personale e gloria perchè lo incita a combattere per la patria.

Verso la fine del primo libro, Machiavelli aggiunge che i grandi avvenimenti riguardanti la fortuna avvengono in una città, di solito, con qualche tipo di segno. Questo segno potrebbe essere divino o visto attraverso una rivelazione. Porta l’esempio di Firenze. in cui una cattedrale fu colpita da un fulmine poco prima della morte di Lorenzo de ‘Medici il Vecchio. Questo dimostra che Machiavelli non era ateo.

Inoltre, spiega che Livio affermava che le persone sono forti insieme, ma deboli quando sono da sole portando  l’esempio della “plebe, che insieme è gagliarda, ma è disunita e di per sé debole. ; perché se ciascuno
pensa soltanto ai propri interessi, cominciano a dubitare delle loro azioni, e a pensare di fuggire per evitare i pericoli. Però una moltitudine così concitata, volendo fuggire questi pericoli, ha subito a fare infra sé medesima uno capo che la corregga, che la tenga unita e pensi alla sua difesa; come fece la plebe romana, quando,
dopo la morte di Virginia, si partì da Roma, e per salvarsi pensarono di eleggere fra loro venti Tribuni: ma non facendo questo non riuscirono a difendersi perchè, come diceva Tito Livio tutti insieme sono gagliardi, e, quando ciascuno poi comincia a pensare al proprio pericolo, diventano vili e deboli. Livio inoltre ritiene che la moltitudine sia più saggia di un principe.”

Virginia era una bella giovane di famiglia plebea, già fidanzata al tribuno della plebe Lucio Icilio.

Il decemviro Appio Claudio, durante il secondo decemvirato, s’invaghì di lei. Dapprima tentò con denaro e lusinghe di corrompere la giovane che resistette, poi chiese a un suo cliente di trarla in giudizio, sostenendo che essa era nata in casa sua da una sua schiava e subdolamente era stata attribuita come figlia ad altri. Claudio stesso, che sedeva come giudice, attribuì la fanciulla al suo cliente. Il padre Virginio e il fidanzato Icilio, già tribuno della plebe famoso, non erano riusciti a sventare la perfida trama di Claudio. Allora Virginio, tratta in disparte la figlia, afferrò un coltello da macellaio e la trafisse perché non avesse a subire il disonore. Il tragico fatto fece sollevare il popolo e gli eserciti che combattevano contro gli Equi e i Sabini. Le truppe occuparono l’Aventino e poi, seguite dal popolo, il Monte Sacro. Infine i decemviri cedettero, rinunciarono al potere e fu ristabilita l’antica costituzione, compresi i tribuni della plebe. Claudio si uccise prima del giudizio.

Il libro II si compone di 33 capitoli ed è dedicato ai temi della politica estera, dell’organizzazione militare, della conduzione delle guerre.

Machiavelli inizia il libro dicendo che il più degli storici scrivono secondo il punto di vista dei vincitori, e che, per fare le loro vittorie gloriose, non solamente accrescano quello che da loro è stato compiuto, ma anche le azioni dei nemici in modo che chiunque legga le opere resti meravigliato dalle loro imprese.

Poi parla della sua concezione riguardo alla storia, essendo gli appetiti umani insaziabili e uguali, gli avvenimenti storici si ripetono sempre, la storia è magistra vitae.

Nel primo capitolo si discute sulla Virtù o sulla Fortuna e quale delle due sia stata la causa della grandezza dell’impero dei Romani. C’erano molte opinioni equamente distribuite ad entrambe le parti, e non vi è un consenso finale su quali delle 2 abbia avuto maggiore importanza. Infatti storici come Plutarco e lo stesso Livio scrivono che Roma non ha mai avuto guerre simultanee e questo la ha molto favorita nella crescita.  Machiavelli, però, esaminando la ragione di tale fortuna, spiega che”tanto uno principe e uno popolo viene in tanta riputazione, quanto ciascuno principe e popolo vicino abbia di per sé paura ad assaltarlo e ne tema, e lo attaccherà solo in caso di emergenza.” 

Poi parla dei popoli che i Romani hanno dovuto combattere e spiega che i Romani hanno sempre difeso ostinatamente la loro libertà. Infine crede che il popolo del suo tempo abbia perso la libertà a causa della chiesa e che, prima o dopo, il popolo deciderà di riprendersela.

Il terzo capitolo parla di come Roma abbia avuto la sua ascesa al potere attraverso la rovina delle città circostanti, rendendo Roma la principale potenza della regione.

Il sesto capitolo parla di come i Romani facevano la guerra. In due modi:
1) il distribuire le ricchezze conquistate,
2) eleggere magistrati per governare le colonie.
Questi modi di fare la guerra fecero arricchire Roma quando gli altri principi e repubbliche si impoverirono perché i capi non furono abbastanza astuti da capire che bisognava creare un legame forte tra popolo e governo per evitare che il popolo si ribellasse.

Poi parla di quali fattori comunemente causano le guerre. Le cause di una guerra sono due:

  1. il caso, come successe nella guerra fra i Romani ed i Sanniti. L’intenzione dei Sanniti non era, muovendo guerra ai Campani, di  muoverla ai Romani ma, poiché i Campani chiesero aiuto a Roma e,poichè erano loro stretti alleati, i Romani furono costretti ad aiutare i Campani
  2. la volontà di colui che desidera muovere la guerra, come successe nella seconda guerra Punica. Annibale, capo cartaginese, assalì i Saguntini, alleati dei Romani in Spagna, non per danneggiare quelli, ma per muovere guerra contro i Romani, avere occasione di combatterli e passare in Italia.
    Questo modo di appiccare nuove guerre è stato sempre usato dai potenti, che hanno usato come scusa la fede o qualche altro motivo. 

L’autore affronta il difficile problema delle milizie che devono difendere lo Stato, distinguendo tra quelle civili (formate cioè da cittadini che combattono per la propria patria) e quelle mercenarie, cui si ricorreva ampiamente nell’Italia dei secoli  XV-XVI. Machiavelli non ha dubbi nel condannare le truppe mercenarie e i loro capitani, in quanto poco motivati a difendere lo Stato che li ha assoldati, attribuendo tra l’altro al loro utilizzo la gran parte delle sconfitte militari subite dall’Italia alla fine del Quattrocento.

Il capitolo 13 parla di come la frode sia più importante della forza, infatti pensa che la frode sia uno strumento molto più affidabile della forza, che può finire in qualsiasi momento. Mostra come esempio Senofonte, che nella Ciropedia, la prima spedizione di Ciro contro il re di Armenia, è piena di frodi, e come con inganno, e non con forza,riesce a occupare il regno del re.

Poi parla dell’invenzione delle armi da fuoco e il ruolo nella guerra dei suoi tempi. Secondo Machiavelli la gente del 1500 pensa che, mediante le armi da fuoco, gli uomini non possano usare né mostrare la virtù loro, come potevano anticamente. L’autore smentisce però queste affermazioni dicendo che gli eserciti romani non avrebbero ottenuto le loro vittorie senza utilizzare mezzi di combattimento e armi sempre più evolute.

Conclude dicendo che si fa guerra in modo tale da massimizzare le probabilità di vincerla senza contare sulle virtù dei combattenti.

Successivamente spiega che attaccare uno stato disunito può essere controproducente. Cita l’esempio degli Etruschi, che assaltarono i Romani disuniti, per vincerli facilmente. Ma quell’assalto fu motivo di unione e della rovina etrusca. Perché la ragione della disunione delle repubbliche il più delle volte è l’ozio e la pace; la ragione dell’unione è la paura e la guerra. E però, se gli etruschi fossero stati saggi, avrebbero, tanto quanto più disunita vedevano Roma, tanto più tenuta da loro la guerra lontano e avrebbero dovuto opprimerla tramite tasse.

Nell’ultimi capitoli cita i modi in cui i romani occupavano le terre.
Incomincia dicendo che i romani raramente conquistavano le terre attraverso l’assedio perché pensavano che questo modo portasse talmente tanti costi e fatiche, che superasse di gran lunga le utilità che la nuova terra potesse portare.
I modi con i quali gli assoggettavano le città, erano i seguenti:

  1. per espugnazione, che era o per forza e violenza aperta, o per forza mescolata con frode. La violenza aperta era o con assalto, senza percuotere le mura, il che loro chiamavano «aggredi urbem corona» perché con tutto l’esercito circondavano la città, e subito combattevano da tutte le parti e molte volte riuscirono a prendere una città, anche molto grossa, come quando Scipione prese Cartagine Nuova in Spagna o, quando questo assalto non bastava, cercavano di rompere le mura con arieti, o con le loro altre machine belliche: o facevano una tunnel (una cava), e attraverso quello entravano nella città (nel quale modo presero Veio); o facevano torri di legno per essere alla stessa altezza delle mura. Contro a questi assalti, chi  si difendeva nel primo caso, riguardo l’essere assaltato intorno  vedeva molto pericolo e dubbie idee su come fare: perché, dato che bisognava difendersi in ogni luogo avere assai difensori, o loro erano abbastanza organizzati per resistere o si perdevano tutti nel disordine improvviso. Ma quando questo metodo non riusciva al primo tentativo, non lo ritentavano, perchè era molto pericoloso per l’esercito; perché, distribuendosi in tanto spazio, restava da per tutto debole e vulnerabile a un rapido e concentrato attacco dei nemici.
    Quanto alla rottura delle mura, i nemici si opponevano, come nei presenti tempi, con ripari.
    E per resistere alle cave, facevano una contracava, e per quella si opponevano al nemico e la riempivano di legna e a volte anche piume e gli davano fuoco, che generava fumo e impedivano l’ingresso ai Romani.

2) per dedizione in modo volontario, o forzato. La volontà nasce, o per qualche necessità che costringe un popolo a rifugiarsi sotto il dominio di un altra popolazione o per il desiderio di essere governati bene. Quanto alla dedizione forzata, o tale forza nasce da un lungo assedio, anche se è molto raro, o nasce da una continua oppressione di scorrerie, di predazioni ed altre barbarie. i quali volendo fuggire, una città si arrende.

 

Il libro III è più vario: considera per 49 capitoli sia come le azioni di «uomini particolari» abbiano fatto grande Roma sia come si trasformino gli Stati, cioè nascono, si evolvono, decadano. In quest’ultimo libro più insistenti sono i riferimenti alla «corruzione» e alla crisi di Firenze, che appaiono tanto più chiari in opposizione al modello ideale della Roma antica.

Introduce il libro parlando del tema del rinnovo dei regimi. Per Machiavelli, il cambiamento è inevitabile: le cose umane sono sempre in movimento. La domanda è come gestire il cambiamento per il bene della longevità complessiva del tutto. Il modo più sicuro per gestire il cambiamento è questo: rinnovare periodicamente un regime riportandolo agli inizi, infatti le origini secondo Machiavelli sono il posto dove c’è più sicurezza. Questo non significa tornare indietro nel tempo ma venire con nuovi ordini politici, che rinnovano lo spirito del regno, come è successo durante la sua fondazione. Tale rinnovamento può avvenire per incidente esterno o per prudenza interna. Un modello per questo rinnovamento nell’epoca di Machiavelli sarebbe il rinnovo del cristianesimo stesso da parte degli ordini mendicanti del XIII secolo.

Machiavelli inizia il Capitolo 2 dicendo che “Non c’è mai stato nessuno così prudente, né stimato così saggio per nessuna sua opera eminente che Bruto meriti di essere tenuto nella sua simulazione di stupidità”. Si riferisce al modo in cui Bruto, dopo aver rimosso i Tarquini da Roma per avere più ricchezze, fece entrare in crisi il governo romano. Machiavelli crede che: “Dal suo esempio tutti quelli che sono insoddisfatti di un principe devono imparare: devono prima misurare e prima pesare le loro forze e se sono così potenti da potersi esporre come nemici e fare guerra con lui apertamente, dovrebbero entrare in questo modo, come meno pericolosi e più onorevoli. Ma se sono di una tale qualità, le loro forze non sono sufficienti per fare guerra aperta, dovrebbero cercare con tutta l’industria di farsi suoi amici”. Questa frase spiega il modo di pensare di Machiavelli, di agire con prudenza e cercando in tutti i modi di raggiungere il potere anche attraverso mezzi illeciti.

L’intestazione per il capitolo 3 afferma “Che è necessario uccidere i figli di Bruto se si desidera mantenere una libertà appena acquisita”. Si riferisce all’episodio in cui Bruto condannò a morte i propri figli quando entrarono in un complotto per restaurare la dinastia dei Tarquini. Machiavelli scrive che “… dopo un cambio di stato, dalla repubblica alla tirannia o dalla tirannia alla repubblica, è necessaria una memorabile esecuzione dei nemici delle condizioni presenti. Chiunque instaurata una tirannia non uccida Bruto, e chiunque faccia uno stato libero e non uccida i figli di Bruto, si mantiene per poco tempo. ” Lo confronta con un evento della storia fiorentina della sua epoca quando Piero Soderini, uno statista fiorentino, fu nominato gonfaloniere (il più alto rango del governo fiorentino) a vita. Il suo dominio era impopolare e molti credono che abbia fatto cose per interesse personale piuttosto che per il bene dello stato. Soderini sarebbe finito in esilio. Machiavelli crede che dal momento che non sapeva come comportarsi come Bruto, ha perso “non solo la sua patria, ma il suo stato e la sua reputazione”
L’autore poi spiega che secondo lui nessun leader dovrebbe sentirsi a proprio agio nella sua posizione se il leader precedente è ancora vivo e appena possibile dovrebbe procedere a ucciderlo.

I leader, che ereditano il loro potere lo perdono più facilmente iniziando a disobbedire alle leggi. In realtà è più facile obbedire alle leggi e mantenere il potere che cercare di usurpare la legge e diventare il suo padrone.

Pochi sono nella posizione di rovesciare i principi attraverso la guerra aperta, ma quasi chiunque può prendere parte a una cospirazione contro tali leader. Secondo Machiavelli sarebbe meglio mantenere piccole  le cospirazioni: non più di tre o quattro uomini, tutti situati vicino al capo. Se ce ne  sono più, la notizia della congiura si sparge in giro e viene presto scoperta.

Altri consigli per i cospiratori: avere un piano stabile, assicurarsi che tutti coloro che eseguono il piano siano sufficienti accorti; se possibile è meglio uccidere anche tutti i membri della famiglia del leader, in modo che nessuno sia lasciato a vendicare il defunto.

Dall’altro lato delle cose secondo Machiavelli a volte è meglio aspettare e vedere come si sviluppa una cospirazione prima di schiacciarla, in modo che si possa avere una migliore idea di chi è coinvolto. M,a se la cospirazione sembra piccola e debole, conviene schiacciarla subito.

Poi Machiavelli elenca una serie di idee.

Secondo Machiavelli è probabile che un violento cambiamento politico avvenga se esiste una ragione di vendetta, ad esempio quando una città è stata originariamente fondata attraverso atti di spargimento di sangue.
Le posizioni amministrative dovrebbero avere una durata limitata, specialmente in una repubblica. La proroga del comando è rischiosa e può portare a forte dissenso fra la popolazione.

La povertà virtuosa dovrebbe anche essere coltivata tra i cittadini, anche quelli con potere politico. La concentrazione della ricchezza porta a malcontento fra la popolazione.

La Patria deve essere difesa a tutti i costi. Ciò significa che tutte le preoccupazioni morali cadono di fronte al dovere assoluto di preservare la stessa Patria.

Tutte le promesse politiche di qualsivoglia natura possono essere infrante, a condizione che le cause che le hanno portati in primo piano siano ora scomparse.

L’istruzione è fondamentale per dare forma ai valori politici e ai comportamenti della prossima generazione di cittadini.

La prudenza e la lungimiranza sono fondamentali per la sopravvivenza di un regime. Questo perché la fortuna continuerà a scagliare incidenti su di essa.

ARTICOLO REDATTO DA CAVAGNETTO MARCO ALUNNO DELLA CLASSE IV A DEL LICEO CLASSICO