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https://www.ilpost.it/2018/02/10/beffa-di-buccari/
http://archiviostorico.blogspot.com/2010/06/la-beffa-di-buccari-1011-febbraio-1918.html
La beffa di Buccari, un secolo fa
Il 10 febbraio 1918 tre motoscafi italiani
penetrarono le difese marine dell’Impero austroungarico.
Dopo il forzamento di Trieste, e l’affondamento della corazzata Wien, all’inizio del 1918 fu decisa la realizzazione di una nuova operazione di forzamento, ancora più audace, da realizzarsi nella Baia di Buccari, incastonata all’interno di uno stretto canale in prossimità delle principali basi avversarie.
Il 4 febbraio 1918 un idrovolante effettuò una ricognizione su Pola, Fiume e Buccari, al termine della quale riportò un importante materiale fotografico dove si evidenziava la presenza a Pola di 4 “Viribus”, 3 “Radetzki”, 3 “Erzherzog”, una “Monarch”, due esploratori e vari cacciatorpediniere, di 23 piroscafi nel porto di Fiume e di 4 navi a Buccari.
La notte tra il 10 e l’11 febbraio si passò a un’azione di sorpresa per distruggere il naviglio militare e mercantile che si trovava nella Baia di Buccari.
I MAS 94, 95 e 96 al comando del capitano di fregata Costanzo Ciano, sostenuti da tre gruppi navali di cacciatorpediniere ed esploratori in funzione di scorta, effettuarono al rimorchio di torpediniere il lungo percorso tra le due coste adriatiche, per circa 25 miglia attraverso canali ristretti tra le isole nemiche navigando poi per arrivare notte tempo al lancio contro i quattro mercantili alla fonda, che avvenne regolarmente senza reazione da parte avversaria. Le unità attaccanti ripresero quindi la via del rientro giungendo indenni ad Ancona. Le navi austriache, tuttavia, protette da reti antisiluri non riportarono danni.
Il poeta Gabriele D’Annunzio, a bordo del MAS 96 al comando del capitano di corvetta Luigi Rizzo, lanciò nella baia tre bottiglie contenenti un messaggio di scherno che diede all’azione l’appellativo di “Beffa di Buccari”.
Anche se non furono provocati danni, infatti, l’impresa costrinse il nemico a impegnarsi nella ricerca di nuove strategie di difesa e di vigilanza, ed ebbe “una influenza morale incalcolabile”. Dopo Buccari, addirittura, il Comando della Marina austriaca tentò un attacco diretto contro i MAS all’ormeggio in Ancona, avendo constatato che non c’erano altre possibilità di colpire con decisione la nuova arma. Tuttavia questo tentativo fallì e l’operazione si concluse con la resa degli austriaci.
L’azione svoltasi nella notte sull’11 febbraio 1918, passò alla storia come la beffa di Buccari, e fu annoverata dagli storici “tra le imprese più audaci” del conflitto con una “influenza morale incalcolabile”, anche se purtroppo “sterile di risultati materiali”. Al comando di Costanzo Ciano, all’azione parteciparono i M.A.S. 96 (al comando di Rizzo con a bordo Gabriele D’Annunzio), 95 e 94, rimorchiati ciascuno da una torpediniera e con la protezione di unità leggere. Dopo quattordici ore di navigazione, alle 22.00 del 10 febbraio, i tre M.A.S. iniziarono il loro pericoloso trasferimento dalla zona compresa tra l’isola di Cherso e la costa istriana sino alla baia di Buccari dove, secondo le informazioni dello spionaggio, sostavano unità nemiche sia mercantili sia militari.
L’audacia dell’impresa trova ragione di essere nel percorso di 50 miglia tra le maglie della difesa costiera nemica, anche se l’attacco non riuscì, dato che i siluri lanciati dalle 3 motosiluranti si impigliarono nelle reti che erano a protezione dei piroscafi alla fonda. Le unità italiane riuscirono successivamente a riguadagnare il largo tra l’incredulità dei posti di vedetta austriaci che non credettero possibile che unità italiane fossero entrate fino in fondo al porto, e che non reagirono con le armi ritenendo dovesse trattarsi di naviglio austriaco.
Dal punto di vista propriamente operativo, emerse un elemento importante dalla scorreria dei M.A.S. a Buccari: le facili smagliature ed il mancato coordinamento del sistema di vigilanza costiero austriaco che finiva per prestare il fianco all’intraprendenza dei marinai italiani sempre più audaci.
L’impresa di Buccari ebbe poi una grande risonanza, in una guerra in cui gli aspetti psicologici cominciavano ad avere un preciso rilievo, anche per la partecipazione diretta di Gabriele D’Annunzio, che abilmente orchestrò i risvolti propagandistici dell’azione e che lascio in mare davanti alla costa nemica, tre bottiglie ornate di nastri tricolori recanti un satirico messaggio così concepito: “In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre ad osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto, il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro, è venuto con loro a beffarsi della taglia”.
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