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ISTITUTO BALBO

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di Giovanni e di Francesca Deaglio, nacque a Casale Monferrato il 24 luglio 1895 e morì il 22 marzo 1919 nei pressi del Villaggio di Saint Fai, in Savoia, travolto sulle Alpi dalla bufera, dopo un atterraggio di fortuna. 
Studente del primo corso di ingegneria nel Politecnico di Milano, che gli conferì dopo la morte la laurea ad honorem, interruppe gli studi e si arruolò volontario di un anno nel 68° reggimento fanteria nel dicembre 1913. Richiamato nel febbraio 1915 nel 35° reggimento fanteria, fu destinato a domanda nel Battaglione Scuole Aviatori. Promosso sottotenente di complemento e conseguiti i brevetti di pilota militare, il 15 ottobre fu assegnato in zona di operazioni alla 2^ squadriglia da ricognizione e da bombardamento. Tenente dal maggio 1916 nella 48^ squadriglia, ottenne una medaglia di bronzo al valore sul campo per le azioni compiute nel cielo delle Dolomiti dal luglio all’ottobre 1916; la prima medaglia d’argento nel cielo del Tirolo nell’aprile 1917 e la seconda medaglia di bronzo nel febbraio 1918 per l’efficace bombardamento sugli impianti ferroviari di Innsbruk. Promosso capitano e passato alle dipendenze della Marina, per gli arditissimi voli strategici eseguiti sull’Alto Adriatico, particolarmente sulla base navale di Pala, del giugno-luglio 1918, gli fu conferita la seconda medaglia d’argento al valore. Assunto il comando della 87^ squadriglia Serenissima, studiò e preparò con Gabriele D’Annunzio i particolari tecnici del volo su Vienna e ne comandò l’indimenticabile spedizione, il 9 agosto 1918, avendo a bordo del suo apparecchio il poeta soldato che in quell’occasione lo chiamò l’Aquila infallibile dagli occhi chiari per l’abilità con la quale seppe dirigersi tra la nebbia e la foschia.

Per tale impresa che consacrò la fama del giovane pilota, gli fu conferita la croce di cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia. Pronto, deciso e fulmineo nelle più audaci e rischiose imprese di guerra, gli fu conferita la medaglia d’oro al v. m. con moto proprio sovrano, sanzionato con r. d. 6 ottobre 1925, con la seguente motivazione:

 Intrepido, audace, sicuro pilota d’aeroplano, guidò oltre i mari ed oltre i monti, in terra nemica, il suo velivolo, sfidando ogni pericolo, superando ogni ostacolo. Nelle più rischiose imprese, forte della sua fede, forte del suo coraggio, fu magnifico esempio di valore, di prodezza e di perizia. Ogni missione di guerra, anche la più ardimentosa e difficile, egli condusse a termine, nonostante le avverse condizioni atmosferiche e gli attacchi nemici. Fornì preziose notizie che furono sempre elementi completi e sicuri per le decisioni dei nostri comandi. – Cielo della Dalmazia e dell’Istria, del Tirolo e della Carniola, settembre – ottobre 1918.

Dopo la guerra, egli che aveva compiuto 130 ardue ricognizioni e molti vittoriosi combattimenti, volle ancora compiere una audace impresa aerea tentando di effettuare in un solo giorno il volo Padova – Parigi – Roma. Partito dal campo di S. Pelagio il 20 marzo 1919, sorpassato in mezzo alla tormenta il M. Bianco, fu costretto ad atterrare per avaria al motore e morì sui monti della Savoia.


G. Carolei, G. Greganti, G. Modica, Le Medaglie d’oro al Valore Militare  1918,  (a cura di), in Gruppo Medaglie d’Oro al Valore Militare d’Italia, [Tipografia Regionale], Roma 1968,    p. 190.


Nell’agosto del 1918 Gabriele D’Annunzio decise di celebrare il quarto anniversario della guerra scatenata dall’Austria, con un atto di straordinaria audacia che sarebbe valso a precisare il mutamento ormai avvenuto nella situazione generale (sulla Marna i tedeschi erano entrati in grave crisi) e il mutamento avvenuto in quella italiana -dopo le umiliazioni inflitte a Conrad e a Boerovic nelle settimane precedenti- per affermare la superiorità del nuovo spirito aggressivo dell’esercito grigioverde, e per sconquassare l’anima del nemico ormai indotto a disperare di una vittoria invano cercata con l’offensiva dei due comandanti.

Era l’alba del 9 agosto, quando – alle 5,30 – gli agili apparecchi della battezzata squadriglia “Serenissima” comandata dal maggiore Gabriele D’Annunzio e dal capitano Natale Palli, si levavano in volo dall’aeroscalo posto nelle immediate vicinanze di Padova.

 

Il primo messaggio diceva:

“Viennesi! imparate a conoscere gli Italiani.
Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà.
Noi non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne. Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d’odio e d’illusioni.
Viennesi!
Voi avete fama d’essere intelligenti. Ma perché vi siete messa l’uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo si è volto contro di voi.
Volete continuare la guerra? Continuatela. E’ il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria è come il pane dell’Ucraina: si muore aspettandolo.
Popolo di Vienna, pensa ai tuoi casi. Svegliati!
Viva la libertà!
Viva l’Italia!
Viva l’Intesa!

Il secondo messaggio:

“In questo mattino d’agosto, mentre si compie il quarto
anno della vostra convulsione disperata e luminosamente comincia l’anno della nostra piena potenza, l’ala tricolore vi apparisce all’improvviso, come l’indizio del destino che si volge. Il destino si volge. Si volge verso di noi con una certezza di ferro. E’ passata, per sempre l’ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta.
La vostra ora è passata.
Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina.

Predominerà sino alla fine. 1 combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno con un’ebbrezza che moltiplica l’impeto; ma se l’impeto non bastasse, basterebbe il numero, e questo è detto
Per coloro che usano combattere dieci contro uno.

L’Atlantico è una via che non si chiude ed è una via eroica come dimostrano i novissimi inseguitori che hanno colorato l’Ourcq di sangue tedesco.

Sul vento la vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell’arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell’ora che sceglieremo.
Il rombo della giovine ala italiana non somiglia quello del bronzo funebre nel cielo mattutino.
Tuttavia la lieta audacia sorprende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o viennesi. Viva l’Italia!
GABRIELE D’ANNUNZIO

Componevano l’avventuroso stormo sette Sva monoposti pilotati da GIORDANO GRANZAROLO, GINO ALLEGRI, ANTONIO LOCATELLI, PIETRO MASSONI, ALDO FINZI, GIUSEPPE SARTI e LUDOVICO CENSI e uno Sva a due posti, guidato dal capitano PALLI, nel quale si trovava il poeta. Ogni apparecchio portava un carico di venti chilogrammi di carta stampata; erano dei manifestini, i cosiddetti “l’arme lunga della gesta inerme”