ERNESTO BUONAIUTI
(Roma 1881 / 1946)
di Luigi Rigazzi
Antifascista per i fascisti, anticattolico per i cattolici, anticomunista per i comunisti
Giusto tra le Nazioni
Per raccontare la tragedia umana del Professore Don Ernesto Buonaiuti, scomunicato con la formula: nominatim excommunicatus et expresse vitandus, cioè dichiarato dalla Chiesa uomo inavvicinabile, voglio iniziare dalla fine. Don Ernesto Buonaiuti, professore ordinario di Storia del cristianesimoall’Università La Sapienza di Roma, più volte ammonito e scomunicato, nonostante il Concordato tra Stato e Chiesa del 1929 non aveva perso la cattedra, perché lo scellerato Art 5 del concordato Lateranense non era retroattivo, per espresso volere di Mussolini, ma la perse nel 1931 assieme ad altri 18 docenti chenon vollero prestare giuramento al fascismo in osservanza del regio decreto n. 1227 del 28 agosto 1931. È bene ricordare questi grandi antifascisti dimenticati, molti dei quali come il Buonaiutifecero una vita di stenti, sostenuti e aiutati alle volte dagli amici o dai parenti.
Questi i loro nomi:
A decorrere dal 1 gennaio 1932 (nota ministeriale nr. 21612 del 27.12.1931) Buonaiuti perse il diritto all’insegnamento, perché non portò il suo cervello all’ammasso. Alla fine della guerra, con la nota ministeriale nr. 4726 del 7 maggio 1945, gli fu comunicata la riammissione in servizio: [Con provvedimento in corso] […]quale Professore ordinario di Lettere e Filosofia ai sensi del R.D.L. 6.1.1944, nr. 9 e dei DD.LL. LL. 7.9.1944 nr. 25, 19.10.1944, nr. 301. Con lo stesso decreto gli fu vietato di insegnare e ingiunto di dedicarsi agli studi sul Gioacchinismo (Gioacchino da Fiore), sino al 31.12.1947. Il veto all’insegnamento fu posto dalla Curia Romana, e il Parlamento della neonata Repubblica, frutto della Resistenza, lo fece suo per applicare il famigerato art. 5 del Concordato, articolo pensato apposta per il Buonaiuti. Ma la cosa più grave è che i Governi Bonomi, Parri e De Gasperi si siano prostrati ai voleri della Curia Romana, e che, come scrisse Arturo Jemmolo: fra il 1944 e il 1946 non ci fu un solo atto di autorità governativa che potesse dispiacere all’autorità ecclesiastica. In difesa di Buonaiuti non accorse nessuno. De Gasperi dichiarò a Togliatti che era disposto ad aprire una crisi ministeriale pur di non permettere l’ammissione all’insegnamento di Buonaiuti, decisione che Benedetto Croce così giustificò: Abbiamo penato tanto per metterci d’accordo con i democristiani che non potevamo fare una guerra di religione per Buonaiuti. Lo stesso Giulio Andreotti, che ha affrontato il caso di Ernesto Buonaiuti e di altri scomunicati in un suo libro, pur non nominando mai De Gasperi, se la cava dicendo che furono i ministri democratici De Ruggero e Arangio Ruiz che non riammisero Buonaiuti all’insegnamento, su richiesta del Nunzio Apostolico che volle l’applicazione dell’art. 5 del Concordato del 1929. Scrive a tal proposito Arturo Jemolo: Che il fascismo schiacciasse un ribelle come Buonaiuti, senza preoccupazioni di legalità, non è a stupire. Ma fu veramente grave che i ministri della Pubblica Istruzione della Liberazione – Guido De Ruggero, Vincenzo Arangio-Ruiz, Enrico Molè, che ricordo poi ai funerali del Buonaiuti – non si curassero di ridare la cattedra a Buonaiuti. Sarebbero stati in una botte di ferro sul terreno giuridico. Il fatto grave fu che la neonata Repubblica nasceva con un peccato originale, e come dice Giordano Bruno Guerri: Alla nuova politica mancava già il senso delle grandi questioni ideali [...] La prova più palese fu che il Partito Comunista accettò l’articolo 7 della Costituzione che incamerava il Concordato fascista-ecclesiastico. Il Professore Don Ernesto Buonaiuti in vita fu perseguitato dalla Chiesa, inviso ai fascisti, non amato dai comunisti e dalla Democrazia Cristiana. L’unica grande gioia, l’ultima della sua vita, gliela diedero 46 studenti dell’università romana chiedendogli di tenere all’università lelezioni che fino ad allora aveva svolto in Piazza Indipendenza all’Associazione cristiana dei giovani. Buonaiuti accettò, e i giovani inoltrarono la richiesta al Rettore Coronia, chiedendo di poter usare un’aula due volte la settimana per un seminario di Storia religiosa cristiana tenuto da un professore scelto da loro. Il Coronia temporeggia, perché sa chi sarà il professore, ma cede quando più di cinquecento studenti reduci fanno formale richiesta. Il Professore tiene le lezioni davanti a una folta schiera di studenti, e anche questa volta il Nunzio Apostolico Borgoncini Duca, l’autore dell’art. 5 del Concordato, interviene chiedendone l’applicazione. L’azione riuscì soltanto in parte, perché questa volta ci fu una sollevazione generale dell’opinione pubblica e dei giornali e di insigni giuristi. Al ritorno in aula, il Professore fu accolto trionfalmente, gli studenti gli offrirono un berretto goliardico con su scritto La libertà, la verità e la vita sono nella legge al di là della legge, e gli diedero una pergamena che recitava: Universitari romani di tutte le facoltà consacrano loro maestro il prof. Buonaiuti, perché realizzi con essi la civiltà nuova che ha enunciato. Le lezioni si protrassero ancora per venti giorni, finché il 16 marzo un attacco di miocardite lo costrinse a lasciare.Pio XII, informato dalla D.ssa Margherita Guarducci (archeologa, curatrice degli scavi della Basilica di S. Pietro), le confidò: Ah, lei non può immaginare con quale piacere lo abbraccerei. Ernesto Buonaiuti morì il 20 aprile del 1946, ironia della sorte alle ore 13,15, mentre tutte le campane di Roma suonavano a festa per la resurrezione del Cristo. (Le sue ultime parole furono: Vengo meno…vengo meno, e morì). Il Buonaiuti, che in vita non ebbe grandi gioie, forse sarebbe stato felice di sapere che l’Università La Sapienza di Roma il 26 novembre 2013, riguardo allariammissione all’insegnamento del Professore Ernesto Buonaiuti,con voto unanime di tutto il Senato Accademico deliberò: Esprime parere favorevole alla revoca, a titolo postumo, della dispensa del Professore Ernesto Buonaiuti all’insegnamento, e per l’effetto alla riammissione in servizio dal 1 gennaio 1944 del predetto, quale Ordinario di Storia del Cristianesimo, da intendersi comprensiva di tutti i diritti e doveri accademici, ma priva di altri effetti. L’altra importante notizia per lui sarebbe stata il conferimento della Medaglia dei Giusti fra le Nazioni il 22 ottobre 2013 dallo Yad Vashem (Ente Nazionale per la Memoria della Shoa) di Gerusalemme, con la motivazione di aver salvato il giovane Giorgio (Gershon) Castelnuovo, nascondendolo e sottraendolo ai rastrellamenti. Ecco come Giorgio Castelnuovo ricorda la figura di Ernesto Buonaiuti nel suo libro autobiografico:Io fui accolto nella casa di un amico di famiglia, un teologo cattolico, filosofo di fama mondiale, che era stato espulso dalla chiesa a causa delle sue idee moderniste. Stetti in casa sua da fine settembre a metà dicembre. Il suo nome era Ernesto Buonaiuti [….] Mi faceva sentire, su un vecchio giradischi, la Nona Sinfonia di Beethoven, soprattutto la quarta parte, “l’Inno alla gioia”. […]Il mondo, disgraziatamente non è migliorato dai giorno di Beethoven o dal periodo in cui visse il mio salvatore, ma tutti e due sarebbero di sicuro felici di sapere che il coro della Nona Sinfonia è stato scelto come inno ufficiale della Comunità Europea.
Una vita travagliata
Ernesto Buonaiuti nasce a Roma il 25 giugno 1881, quartogenito di Leopoldo e Luisa Costa. Rimase orfano del padre nel 1897, vivrà tutta la vita con la madre sino alla morte di lei avvenuta nel 1941. Il rapporto con mamma Rosa, fu fondamentale nell’esistenza del sacerdote. Donna molto religiosa, all’inizio non capiva come mai il Sant’Uffizio, perseguitasse tanto il suo Ernesto. Rimase sempre una madre attenta e affettuosa nei confronti del figlio. Dal 1892 frequenta il ginnasio al Pontificio Seminario Romano. Ragazzo molto intelligente e con una grande voglia di apprendere, inizia a leggere i testi di Luigi Tosti (1811 / 1897), monaco benedettino, abbate di Montecassino, che risvegliano nella mente del giovane studente gli interessi per la storia, e i testi di Augusto Conti (1882 / 1905), che lo fannoinnamorare della filosofia. Ad aprirgli nuovi orizzonti e orientareil suo pensiero futuro fu la scoperta delle opere di Maurice Blondel (1861 / 1949), il maggiore esponente della filosofia dell’azione, la cui opera più importante è l’Action (L’azione), pubblicata nel 1893, dove tenta di dare una risposta all’inquietudine spirituale dell’uomo moderno e si interroga sul senso della vita e sul proprio destino. I dissidi con i superiori iniziarono da subito, perché il giovane seminarista cominciò a essere insofferente alla rigida disciplina del seminario, e perché aveva voglia di leggere libri che non trovava nella biblioteca dell’istituto in quanto vietati o messi all’indice. Rimase molto scosso quando il suo rettore, nel consegnargli il libro Storia della filosofia di Augusto Conti, strappò le pagine riguardanti la vita di Abelardo, gesto che lo sconvolse e che così commentò: Sopprimere in un libro alcune pagine scabrose non esercita alcuna virtù pedagogica […] il mio istinto, la guida dello Spirito mi inducevano piuttosto a ricercare il consolidamento delle mie energie spirituali e il tirocinio della mia vocazione spirituale in una sempre più vasta formazione di cultura e in una sempre più profonda e intransigente assimilazione del Vangelo. Già nel 1901 inviò una lettera di adesione alla rivista Studi Religiosi, fondata dal sacerdote Salvatore Minocchi (1869 / 1943), uno dei maggiori esponenti del Modernismo, che aveva scritto: Noi abbiamo tentato conciliare la scienza e la filosofia con le dottrine della Chiesa: però siamo stati detti equilibristi, ritardatari, ipocriti. Noi vorremmo credere: in Dio e nella Chiesa; offrire l’anima e la vita per rinnovare quel Cattolicesimo in cui siam nati e in cui vorremmo morire. Ma son reputato un nemico della Chiesa. Ed avrò quello che mi aspetta. Il Buonaiuti sulla questione dei seminari a sua volta afferma: Una delle istituzioni tipiche del cattolicesimo, una di quelle istituzioni che all’epoca della Riforma e della Controriforma hanno introdotto un divario, incolmabile, fra la formazione della gioventù ecclesiastica, e non soltanto della ecclesiastica, nei paesi protestanti da una parte, nei paesi cattolici dall’altra, è l’istituzione dei seminari. I paesi protestanti non la conoscono. L’adesione alla rivista del Minocchi gli costò il posto gratuito per il biennio 1900/1901 di interno del seminario. Finalmente nel 1903 venne ordinato sacerdote ed ottenne la cattedra per l’insegnamento di Storia della Chiesa nel seminario dell’Apollinare, andando a sostituire Mons. Umberto Benigni (1862 / 1934), il suo ex professore di storia della Chiesa. Questi fuuno dei più accaniti nemici del Modernismo, infatti organizzò e diresse il Sodalitium Pianum, una rete di delatori e informatori, al servizio del Sant’Uffizio, che indagavano sui teologi, seminaristi, preti e docenti sospettati di modernismo. L’8 settembre 1907 Pio X pubblicò la Lettera Enciclica Pascendi Dominici Gregis, con la quale condannava definitivamente tutti i movimenti modernisti. Il Buonaiuti non si fece attendere e il 28 ottobre 1907, tramite la Libreria Editrice, pubblicò assieme ad altri: Il programma deimodernisti. Risposta all’enciclica di Pio X Pascendi Dominici Gregis, una feroce critica al contenuto dottrinale dell’enciclica. Il testo ebbe notevole successo sia in Italia che all’estero e la Curia intervenne immediatamente comminando la scomunica contro gli autori del libro, con il decreto del vicariato. Il Buonaiuti ritenne la scomunica non valida perché comminata contro ignoti, e continuò imperterrito ad esercitare le sue funzioni di sacerdote. Scrisse a tal proposito: Quella sera di novembre iniziale del 1907 che io lessi sull’Osservatore Romano il singolare decreto di scomunica contro anonimi, mi trovai dinnanzi al più duro e angosciante quesito che si fosse mai presentato e potesse mai più presentarsi al mio spirito. Quale atteggiamento avrei preso, quale conto avrei fatto di quel decreto, come mi sarei comportato nell’assolvimento delle mie mansioni sacerdotali, sotto il gravame di quella fiera e durissima condanna?[…]al decreto romano mi venne, provvidenziale circostanza, dal consiglio autorevole e all’apprezzamento sagace del mio vecchio maestro, monsignor Chiesa[…] egli mi disse, e sembrava mi stendesse il soccorso della sua perizia canonica, che una scomunica contro anonimi era una contraddizione in termini perché la scomunica è, per definizione, esclusione di determinate persone dalla comunità visibile dei fedeli. Egli afferma che l’indomani mattina salì sull’altare a celebrare la messa, anche se aveva un tumulto nel cuore, ma capì che da quel giorno il dado era tratto. Nel 1908 fu sospeso a divinis, perché aveva pubblicato diciannove fascicoli della rivista Nova et Vetera. Quando il 23 gennaio del 1913 morì Baldassarre La Banca (1829 / 1913), titolare della cattedra di Storia del Cristianesimo all’Università di Roma, Buonaiuti partecipò al bando classificandosi primo e dal 16 ottobre del 1915 divenne titolare della cattedra. Il 12 aprile del 1916 fu sospeso a divinis per la seconda volta assieme a altri ecclesiastici (Motzo, Venturelli e Turchi), condannati perché avevano fondato la Rivista di Scienza delle Religioni, ma reintegrati il 13 luglio del 1916 dopo aver prestato giuramento antimodernista. Il 14 gennaio del 1921 fu scomunicato e sospeso a divinis dopo la pubblicazione (nel dicembre del 1920) dell’articolo Le esperienze fondamentali di Paolo, dove alcune frasi potevano dare adito alla negazione della presenza reale del Cristo nell’eucarestia. Iniziò un dibattito con la curia la quale gli chiedeva di lasciare la Cattedra all’università in cambio della reintegrazione. L’8 aprile l’Osservatorio Romano pubblicò una sua dichiarazione di fede, che gli valse la revoca del provvedimento. Il 28 marzo del 1924 egli venne di nuovo scomunicato e tutti i suoi scritti messi all’indice , senza una palese ragione se non quella forse di non aver abbandonato la cattedra all’università. Il giorno prima della scomunica il Buonaiuti chiese invano udienza al potente Cardinale Merry del Val (1865 / 1930). A riceverlo fu invece Monsignore Carlo Pelosi, segretario del Sant’Uffizio, il quale sul motivo del provvedimento che lo stava per colpire gli rispose: È proprio il vostro insegnamento che ha provocato il provvedimento che sarà divulgato domani. Voi siete incorreggibile e il vostro insegnamento dalla cattedra è fatto apposta per turbare le coscienze. Nel dicembre del 1926 il Buonaiuti con una lettera chiese al Papa di essere riammesso nella Chiesa. Gli venne inviato Padre Agostino Gemelli (1878 / 1959). Il Buonaiuti ottenne che al colloquio partecipassero quattro suoi allievi (Alberto Pincherle, Alberto M. Ghisalberti, Ambrogio Donini, Mario Nicolini). Padre Gemelli chiese con insistenza che il Buonaiuti abbandonasse la cattedra, ma dopo una vivace discussione si era al punto di partenza. A questo punto il Buonaiuti informò Padre Gemelli che a Bologna presso l’editore Zanichelli stava per essere pubblicata la sua ultima opera Lutero e la Riforma in Germania, e qui la risposta di Padre Gemelli fu che si sarebbe recato immediatamente a Bologna presso l’editore per comprare tutte le copie a qualunque prezzo: si condannava un’opera senza nemmeno averla letta!Lasciando la stanza Padre Gemelli esclamò: Voi Buonaiuti avete preposto una cattedra universitaria al sacerdozio. Il 25 gennaio 1926 il Sant’Uffizio emanò il decreto di scomunica contro il sacerdote: Con decreto di feria IV, 26 marzo 1924 il sac. Ernesto Buonaiuti veniva colpito di scomunica, di condanna di tutti i suoi libri e scritti e del divieto di scrivere, tenere conferenze ed insegnare nelle pubbliche scuole, in materia attinente alla religione […] il Sommo Pontefice dichiara col presente Decreto il sopranominato sacerdote Ernesto Buonaiuti scomunicato nominativamente e personalmente e, secondo il dispositivo del ca. 2258, par. 2, espressamente vitando, con tutte le conseguenze di diritto. Nonostante la scomunica, il libro Lutero e la Riforma in Germania vide la luce a Bologna nel 1926. Nel 1931 gli venne chiesto di prestare giuramento al fascismo e lui con una toccante lettera al Rettore spiegò le ragioni per cui non lo avrebbe fatto, e,come gli altri professori che non si sottoposero al nefasto giuramento dal 27 dicembre del 1931, perse la cattedra per cui aveva lottato per quasi quindici anni contro il Sant’Uffizio che voleva toglierla a qualunque costo. L’opera persecutoria del Sant’Uffizio non si fermò: l’ultimo provvedimento fu del 17 maggio 1944 con la messa all’Indice di tutti gli scritti e le opere pubblicate dopo il 1924. In questa triste storia i persecutori inflessibili del Buonaiuti furono: il Sant’Uffizio, La Civiltà Cattolica, l’Osservatore Romano e i Gesuiti, in particolare nella figura di padre Enrico Rosa (1870 / 1938). Buonaiuti forse in alcune sue asserzioni fu eretico, ma come ha scritto Gianni Gennari: Mons. Capovilla mi ha pregato di ricordare che se “il povero don Ernesto” avesse incontrato meno durezza curiale, rigidezza di trattamento e più “tenerezza” – ha detto proprio così – che oggi appare sempre più importante, forse tutta la sua vicenda sarebbe stata diversa, ed ha aggiunto questi due particolari di verità storica: Buonaiuti restò fino alla morte celibe, mantenendo la sua promessa presbiterale, ed ogni giorno, anche questo fino alla morte, non mancò mai di recitare il Breviario, preghiera specifica dei preti e dei religiosi della Chiesa cattolica…Era doveroso annotarlo. Anche Indro Montanelli sulle pagine del Corriere della Sera si chiese: Perché si continua a tenere sotto scomunica il ricordo e il nome di Buonaiuti? Pur nella sua cristiana mitezza, l’uomo – è vero – era indocile e ostinato. Ma, perdio, una Chiesa che ha riconsacrato un Giordano Bruno, non riconsacra un Ernesto Buonaiuti? – la domanda che, pur senza esplicitamente formularla, mi pare che si ponga anche Andreotti. L’idea di ritornare al cristianesimo primitivo e a una Chiesa povera, il grande studioso del cristianesimo l’aveva appresa studiando Gioacchino da Fiore (1130 / 1202), dichiarato eretico subito dopo la morte e i cui scritti furono messi all’indice, ma venerato come beato da una parte della Chiesa cattolica, dai florensi e dai gesuiti Bollandisti. Il Buonaiuti lo considera il nuovo profeta, seguendo la linea di Dante che centocinquantanni dopo la morte, colloca l’abate calabrese nel suo Paradiso, citandolo diverse volte, e nel canto XII, 140ss. lo appella: ...il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato. Nel 2001 è stata riaperta la causa per beatificarlo e fargli ottenere il titolo di Dottore della Chiesa. Gioacchino da Fiore predicò e profetizzò un’età di contemplanti che avrebbero ripristinato, nella pace e nella gioia, la vita povera e semplice delle comunità cristiane primitive. Il Buonaiuti fu uno dei più importanti studiosi del Gioachimismo e del pensiero del grande abate Calabrese. L’idea di un cristianesimo povero predicata da Gioacchino da Fiore come si legge nei Vangeli, vedi Matteo 6,19, o negli Atti degli Apostoli 4,32ss. Anche il Vangelo di Luca ha diversi richiami alla povertà. Il grande studioso romano fa sua l’idea di una Chiesa ispirata a quei passi evangelici, come avevano fatto tutti i movimenti dell’inizio dell’anno mille a partire da Francesco d’Assisi che fu primo movimento religioso che si ispirò a Gioacchino da Fiore ma che rimase dentro la Chiesa, e dopo il riconoscimento dell’ordine non ebbe più problemi. Ma tutti gli altri movimenti che si ispirarono a Gioacchino da Fiore, i Catari, gli Albigesi, i Valdesi, i seguaci di Gherardino Segarelli (1240 / 1300), e di Fra Dolcino (1250 / 1307), non ebbero uguale fortuna, furono perseguitati spietatamente dall’inquisizione e finirono quasi tutti sterminati o arsi vivi sui roghi. La stessa sorte, come abbiamo visto, toccò a Buonaiuti, solamente gli fu evitato il rogo.Scrive inoltre il Buonaiuti: Il cristianesimo ufficiale è un paganesimo mascherato, occorrerà una nuova rivelazione perché si aprano gli occhi alla luce.
Ernesto Buonaiuti, Giovanni XXIII e il Concilio
Durante il Concilio Vaticano II, l’Arcivescovo di Torino Michele Pellegrino affermò: Pochi anni fa, ho conosciuto un religioso che viveva in esilio non certo volontario, perché aveva espresso opinioni che oggi ritroviamo con gioia in documenti pontifici conciliari. E non è un caso unico. Tutti lo sanno. Come afferma Giordano Bruno Guerri, Angelo Roncalli era il Papa che Ernesto Buonaiuti avrebbe voluto, per una Chiesa ecumenica e che parlasse agli uomini. I due si conoscevano sin dal seminario, erano stati compagni di camera e di studio, e come ha raccontato Giulio Andreotti, Roncalli era uno dei quattro seminaristi che tutte le sere si presentavano alla Chiesa del Gesù, e facevano una lunga meditazione davanti al tabernacolo, poi uscivano sul sagrato e discutevano animosamente dei loro problemi. Tra il 1961 e il 1962, prima di indire il Concilio, si sa che Papa Roncalli lesse più volte l’immane opera di Marcella Rava, La Bibliografia degli scritti di Ernesto Buonaiuti. Giulio Andreotti il 22 gennaio del 1959, tre giorni prima dell’annuncio del Concilio, viene ricevuto in udienza dal Pontefice con tutta la sua famiglia, e scrive: Un momento molto importante per la Chiesa. In quel periodo controverso qualcuno – e citò Buonaiuti e Manaresi – andò oltre il seminato, ma molte delle anticipazioni di allora erano poi diventate feconde realtà. Il concilio? Con tre giorni di anticipo il Papa ci mise a parte dell’annuncio che avrebbe dato il 25 gennaio, dovevamo però mantenere il segreto. Il concilio fece proprie molte delle idee che i modernisti avevano elaborato: lo studio delle sacre scritture con l’introduzione del metodo storico-critico, l’ecumenismo, la collegialità dei vescovi, la partecipazioneattiva e non passiva dei fedeli nella chiesa, come sacerdozio universale dei fedeli, la povertà della Chiesa, e il destino escatologico della Chiesa che fu uno dei concetti che il Buonaiuti aveva sempre predicato, il confronto con le altre chiese nel ricercare quello che unisce e non quello che divide. Un’altra grande svolta fu una nuova visione del rapporto Chiesa-storia –non più una lettura negativa della storia –, una delle tesi portate avanti dal Buonaiuti per tutta la sua vita: il cristianesimo deve essere vissuto dentro le contraddizioni della storia umana, e Cristo va cercato negli uomini e negli avvenimenti. Il Concilio Vaticano II fu il primo concilio pastorale, e questa fu la vera grande novità rispetto ai concili precedenti, compreso il Concilio Vaticano I, che erano stati tutti dogmatici. Come scrisse Ernesto Galli della Loggia, nella Chiesa è rimasto un mea culpa dimenticato, cioè la riabilitazione di tutti quelli che furono perseguitati e condannati perché modernisti. Oggi a quasi settant’anni dalla morte del più importante e più perseguitato di loro, cioè Don Ernesto Buonaiti, sarebbe importante che la Chiesa rivedesse le sue posizioni di allora, perché, come si è visto, un Concilio ha dato ragione a quasi tutte le tesi da loro predicate. Anche la cultura laica ha dei torti da farsi perdonare, perché non intervennero mai in difesa di loro, anzi Croce e Gentile, i due massimi esponenti della cultura di allora, li avversarono e non li difesero mai. Finalmente Giovanni Sale, Direttore della Civiltà Cattolica, il 19 ottobre 2007 in un articolo cerca di attenuare la feroce persecuzione che la sua rivista e padre Enrico Rosa allora direttore avevano fatto contro il Buonaiuti e scrive: «Seguendo l’insegnamento del Papa sulla purificazione della memoria, sente il bisogno di chiedere perdono per quelle volte in cui in questa triste vicenda ha agito dimenticando che la carità e l’amore verso l’errante vengono prima della pur doverosa condanna dell’errore».
PICCOLA BIBLIOGRAFIA
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