Filippo Tommaso Marinetti, tra un manifesto e l’altro, decise di dare il giusto spazio anche all’alimentazione, promuovendo una vera e propria campagna per l’affermazione di una tavola avanguardista, con teorie e proposte concrete; questa rivoluzione prese il via il 28 dicembre del 1930, quando pubblicò sulla Gazzetta del Popolo di Torino il Manifesto della cucina futurista, scritto che venne rilanciato nel gennaio successivo sulla Cucina italiana di Umberto Notari.Marinetti parte da una solida tesi: si pensa, si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia. Si vuole “impedire che l’Italiano diventi cubico massiccio impiombato da una compattezza opaca e cieca” al contrario, si desidera promuovere “un’agilità di corpi italiani adatti ai leggerissimi treni di alluminio che sostituiranno gli attuali pesanti di ferro legno acciaio”. I futuristi erano convinti che nel conflitto avrebbe avuto la meglio il popolo più agile e più scattante, “ dopo avere agilizzato la letteratura mondiale con le parole in libertà e lo stile simultaneo, svuotato il teatro della noia mediante sintesi alogiche a sorpresa e drammi di oggetti inanimati, immensificato la plastica con l’antirealismo, creato lo splendore geometrico architettonico senza decorativismo, la cinematografia e la fotografia astratte”, decisero di stabilire “il nutrimento adatto ad una vita sempre più aerea e veloce”.Per raggiungere questo risultato, uno dei mezzi necessari è l’abolizione totale della pastasciutta: questo pericoloso alimento amidaceo non è adatto ai nostri compagni italiani, perché contrasta collo spirito vivace e coll’anima appassionata generosa intuitiva dei napoletani, che sarebbero nati combattenti eroici, artisti ispirati, oratori travolgenti, avvocati arguti, agricoltori tenaci ma finiscono, a causa della voluminosa pastasciutta quotidiana, per sviluppare il tipico scetticismo ironico e sentimentale che tronca spesso il loro entusiasmo. Questo, scrive Marinetti, avrebbe delle motivazioni di carattere medico: a differenza del pane e del riso la pastasciutta è un alimento che si ingozza, non si mastica, e, siccome viene in parte digerito in bocca dalla saliva, il lavoro di trasformazione è disimpegnato dal pancreas e dal fegato; questo porta ad uno squilibrio che comporta effetti gravissimi: fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo.La pastasciutta, inoltre, è nutritivamente inferiore del 40% alla carne, al pesce, ai legumi, lega coi suoi grovigli gli italiani di oggi ai lenti telai di Penelope e ai sonnolenti velieri, in cerca di vento. In un epoca in cui la velocità è diventata il leitmotiv, la pasta appesantisce quanto un rudero nello stomaco, come ergastolani o archeologi. Si imposta anche un discorso di tipo economico: la liberazione dalla pasta libererà l’Italia dal costoso grano straniero e favorirà l’industria italiana del riso.
A questo punto, liberatisi di questa religione alimentare tutta italiana, spazio alle novità dei cuochi futuristi come Jarro Maincave, il cui motto era: “Noi vogliamo una cucina adeguata alla comodità della vita moderna e alle ultime concezioni della scienza. Noi proietteremo i raggi del nostro sole nell’antro delle vostre cucine, e le tenebre saranno dissipate. Noi metteremo sottosopra i vostri buffet, noi rovesceremo i vostri fornelli”.L’invito rivolto ai cuochi futuristi si estende ai chimici: la chimica ha infatti il dovere di dare presto al corpo le calorie necessarie mediante equivalenti nutritivi gratuiti di Stato, in polvere o pillole, composti albuminoidei, grassi sintetici e vitamine. Con queste geniali pillole il prezzo della vita calerà, e questa innovazione, unita alla meccanizzazione delle industrie, permetterà ai lavoratori di essere occupati solo per due o tre ore, permettendo di perfezionare e nobilitare le altre ore col pensiero le arti e la pregustazione di pranzi perfetti.I pranzi saranno intervallati da qualche ora per tutti i ceti ma perfetti nel quotidianismo degli equivalenti nutritivi. Ma questi pranzi, quali caratteristiche hanno?Sicuramente è ritenuto molto importante quello che oggi ci viene propinato in ogni singolo programma di cucina, il cosiddetto impiattamento; Marinetti teorizza proprio un’armonia originale della tavola (cristalleria vasellame addobbo) coi sapori e colori delle vivande, che si accompagni a piatti assolutamente originali e ad accostamenti clamorosi ed inediti. Dopo aver proposto qualche ricettina veloce, caratterizzate dalla freschezza degli ingredienti e dalla decisione dei loro sapori (si prevede che questa armonia di forma e colore nutra gli occhi ed ecciti la fantasia prima di tentare le labbra), il discorso verte sulla pietanza per cui maggiormente è famosa la gastronomia futurista: il carneplastico. Questo piatto, ideato dal pittore futurista Fillìa, dovrebbe essere l’interpretazione sintetica delle forme dei paesaggi italiani: si compone di una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrostita, ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte. Questo cilindro, disposto verticalmente nel centro del piatto, è coronato da uno spessore di miele e sostenuto alla base da un anello di salsiccia che poggia su tre sfere dorate di carne di pollo. A questo proposito, il video della preparazione di questa pietanza, ambientato proprio ad inizio Novecento, è disponibile sulla pagina youtube del sito Elcriso (https://www.youtube.com/watch?v=VCiyG7GMs_g). Le pietanze futuristiche hanno questa forte componente sensuale, legata strettamente alla forma e alle sensazioni tattili: vanno pertanto aboliti coltelli e forchette, rei di limitare il contatto prelabiale con la pietanza stessa; dopo il sapore e il tatto, Marinetti si occupa dell’olfatto: prima di ciascuna portata sarà necessario spargere un profumo per favorire la degustazione, che verrà cancellato dalla tavola mediante ventilatori. Anche l’udito andrà allietato, utilizzando dei brani che dovranno essere ascoltati negli intervalli tra due vivande, per non distrarre i commensali da quanto si sta assaporando, in modo da ristabilire una verginità degustativa: allo stesso scopo sono da abolirsi a tavola l’eloquenza e la politica. Per accendere al massimo l’intensità sensuale dei sapori di una vivanda potranno essere utilizzate delle poesie: per accendere, invece, la curiosità degli ospiti, Marinetti suggerisce di presentare tra una portata e l’altra sotto le nari e gli occhi dei convitati alcuni manicaretti che essi non mangeranno; sembra comunque difficile non essere rapiti da quanto propone il menù futurista: l’obiettivo è quello di inserire all’interno del singolo boccone tutta una serie di sapori, da gustare in pochi attimi, per riportare in cucina le stesse sensazioni che hanno le immagini in letteratura. Scrive Marinetti: “Un dato boccone potrà riassumere una intera zona di vita, lo svolgersi di una passione amorosa o un intero viaggio nell’Estremo Oriente”. L’ultimo punto che tratterei riguarda strettamente la tecnica culinaria: è necessario, infatti, introdurre in cucina una dotazione di strumenti scientifici, come ozonizzatori che diano il profumo dell’ozono a liquidi e a vivande, poi lampade per emissione di raggi ultravioletti (poiché pare che molte sostanze alimentari, irradiate con raggi ultravioletti, acquistino proprietà attive, diventino più assimilabili e arrivino ad impedire il rachitismo nei bimbi); e ancora: elettrolizzatori per scomporre succhi estratti in modo da ottenere da un prodotto noto un nuovo prodotto con nuove proprietà, mulini colloidali per rendere possibile la polverizzazione di vari elementi quali farine, frutta secca, droghe … poi apparecchi di distillazione a pressione ordinaria e nel vuoto, autoclavi centrifughe, dializzatori. L’uso di questi apparecchi dovrà essere scientifico, evitando, per esempio, di far cuocere le vivande in pentole a pressione, che provocano la distruzione delle sostanze attive come le vitamine a causa delle alte temperature. Serviranno poi degli speciali indicatori chimici che dovranno segnalare l’eccessiva acidità e basicità degli intingoli, al fine di correggere eventuali errori: manca di sale, troppo aceto, troppo pepe, troppo dolce.
Tral’altro, sono abbastanza noti due cuochi biellesi,Alfonso Alice, biellese di nascita, e Celeste Burdese, biellese d’adozione: quest’ultimo ebbe occasione di cucinare un pranzo per Marinetti e si guardò bene dall’inserire nel menù la pastasciutta, salvo poi essere bacchettato dallo stesso Marinetti, che gli chiese insistentemente un piatto di spaghetti! Memorabile è la cena preparata dal Burdese nel 31 alla Taverna di Santopalato, cui presero parte anche Marinetti, il pittore Fillia e l’architetto futurista Diulgheroff: tra le pietanze servite, il cuoco introdusse anche un piatto di sua invenzione, “l’insalata mediterranea”, preparata con patate lesse, maionese, gamberi, calamari, datteri, fette di banana e decorata con spicchi d’arancia e di mandarini, apprezzatissima da Marinetti.
Mattia Barana – 4A
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