Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale i Carabinieri, mobilitati in unità organiche e reparti speciali, furono inviati su tutti i fronti. Si presentarono a quella dura prova non più con l’uniforme di panno turchino ma con il grigio verde. Incorporati nell’Invitta III Armata, fecero del Podgora, dove si immolarono in una cruenta battaglia (19 luglio 1915), il monumento del loro valore.

Anche per la Benemerita la Grande Guerra fu un banco di prova per gli impegni che avrebbero dovuto affrontare da lì a venire; infatti, accanto all’assolvimento dei compiti tradizionali, dovette cimentarsi nell’espletamento di nuove mansioni quali l’assistenza alle popolazioni in fuga; il coordinamento dei più urgenti e indispensabili provvedimenti a protezione delle colonne in ritirata; la salvaguardia dei ponti ancora agibili, alcuni minacciati dalla piena, per assicurare il deflusso delle artiglierie pesanti campali; il contenimento di interi reparti di soldati, in parte sbandati e smarriti, altri decisi a sottrarsi al combattimento; la disciplina del deflusso dei profughi prima del brillamento delle mine per rendere impraticabile al nemico il transito su strade, ferrovie e corsi d’acqua; il recupero di materiale bellico abbandonato e la custodia di documenti militari riservati da trasferire in zone sicure; il contrasto allo sciacallaggio. Sicuramente, però, la mansione più impegnativa fu l’acquisizione e la trasmissione di notizie spionistiche e antispionistiche. La forza disponibile da schierare in caso di conflitto ammontava a una unità a livello di Reggimento. Il reparto si articolava su tre battaglioni composti da altrettante compagnie per un totale di circa sessantacinque Ufficiali e circa duemilacinquecento Sottufficiali, Appuntati e Carabinieri. La disposizione, che risaliva al 1905, trovò applicazione dieci anni dopo allorché, nell’imminenza della mobilitazione generale, il Comando Supremo dispose che il Reggimento dei Carabinieri Reali venisse formato da aliquote di volontari affluiti dalla Legione Allievi e dalle Legioni Territoriali di Palermo, di Bari, di Napoli, di Ancona e di Firenze. Il comando del Reggimento fu affidato al Colonnello Antonio Vannugli.

Nel piano di mobilitazione, elaborato dallo Stato Maggiore del nostro Esercito nel 1914, era previsto che ai Carabinieri Reali competesse un ruolo molto complesso: essi avrebbero partecipato come forza combattente e come polizia militare; inoltre avrebbero dovuto provvedere all’organizzazione del servizio di pubblica sicurezza nei territori da liberare, cioè nel Trentino e nella Venezia Giulia, regioni in cui occorreva istituire immediatamente una rete di Stazioni da inserire nel sistema ordinativo già consolidato in tutto il paese. In tal senso il Ministero della Guerra impartì opportune disposizioni affinché l’Arma rispondesse alla complessa esigenza con l’affidabilità che il compito esigeva. Il Comando Generale, di conseguenza, predispose un piano di attuazione delle direttive ministeriali, tali da rispondere con immediatezza alla decisione di entrare in guerra.


Il 24 maggio 1915 l’Arma era già sulla sua linea d’azione alla frontiera delle Alpi con un contingente di 172 Ufficiali e 881 uomini di Truppa. Nucleo principale era il Reggimento Carabinieri Reali Mobilitato costituito presso la Legione Allievi di Roma con personale acquisito dalla varie Legioni Territoriali. Mentre il Reggimento e un Gruppo Squadroni costituivano unità combattenti, 5 drappelli e 80 Sezioni vennero assegnati al Comando Supremo, alle Intendenze d’Armata e a ogni Comando Divisionale di Fanteria e di Cavalleria per il servizio di Polizia Militare.
I Carabinieri si distinsero, oltre che nella già menzionata prevenzione e repressione dello spionaggio, in attività di ordine pubblico nei centri abitati, nella polizia giudiziaria per i reati militari e comuni, nell’esecuzione dei bandi per i militari e per le popolazioni civili, nei recapito di ordini, nell’assistenza ai feriti e nella vigilanza sanitaria. I Carabinieri non furono impiegati solo nelle retrovie ma anche in prima linea, ai posti di medicazione, nei punti di transito obbligato e negli sbocchi dei camminamenti, lungo le strade e lungo le direttrici di marcia delle unità in movimento. Ai Carabinieri, inoltre, toccarono compiti meno pregevoli e, ogni qualvolta si verificasse una diserzione, toccava ai militi della Benemerita rintracciare l’evaso e, dopo la sentenza, applicare la decisione adottata dal giudice.
I reparti, nei primi giorni del conflitto, erano così dislocati: la 4a, 5a e 6a Compagnia a Camposampiero, la 7a e 8a a S. Martino di Lupari, la 9a Compagnia a Treviso, gli Stati Maggiori di Reggimento, del 1° e 3° Battaglione, la 1a, 2a e 3a Compagnia e Sezione Mitragliatrici a Castelfranco, la 4a Compagnia a Camposampiero, le Sezioni Mitragliatrici a Treviso, dove si riunirono all’intero Reggimento che nel frattempo si era trasferito in quella località. Il 2 giugno 1915, lo Stato Maggiore di Reggimento e il 3° Battaglione si trasferirono da Treviso a Udine dove rimase soltanto il 2° Battaglione che solo il 5 giugno 1915 raggiunse la città friulana mentre tutte le Sezioni si apprestano a raggiungere le destinazioni al fronte.
I Carabinieri seppero distinguersi in tutti gli anni di guerra, elevandosi particolarmente nelle battaglie dell’Isonzo, del Carso, sul Sabotino e sul San Michele. Furono però le pendici del Podgora (19 luglio 1915) a elevare il Reggimento Carabinieri Mobilitato nell’Olimpo degli indimenticabili eroi. Sfondato il fronte dell’Isonzo il 9 agosto del 1916, tra i primi a entrare in Gorizia liberata ci furono gli squadroni dei Carabinieri a cavallo, tra il tripudio generale della popolazione.
Fu nelle tragiche giornate della ritirata di Caporetto che maggiormente rifulse l’opera dei Carabinieri: fu un’azione senza limiti di competenze e di attribuzioni di compiti. L’unico limite fu la resistenza fisica di ogni militare e le attribuzioni trovarono nella coscienza di ognuno le motivazioni per operare.

Si dovettero reprimere inevitabili episodi di rotta, anche se per lo più le truppe si mantennero compatte, pur in un comprensibile scoramento morale. In quella circostanza, tutti i comandi impegnati nell’attuazione del piano di ritirata furono consapevoli di poter fare assegnamento incondizionato sul Carabiniere, e lo fecero senza risparmio. Le Sezioni e i Plotoni di Carabinieri addetti alle due Armate più impegnate, la 2a e la 3a, seguirono ovviamente le sorti delle unità di cui erano parte, distinguendosi per slancio, abnegazione, impegno estremo, resistenza fisica e coraggio.
Quanto ai reparti della Legione Provvisoria Autonoma, essi al pari di quello che fecero le forze della Divisione di Udine dipendente dalla Legione di Verona, rimasero ai loro posti sino all’ultimo minuto, a raccogliere truppe sbandate, a proteggere l’esodo delle popolazioni sospinte verso l’interno dalle incalzanti forze austriache che si riversavano precipitosamente sulle nostre contrade. Poi la Legione ripiegò a Padova, secondo gli ordini, ove si riorganizzò con una forza di 14 Ufficiali e 589 uomini tra sottufficiali e truppa. Non le venne concesso riposo; dal 1° novembre quei Carabinieri vennero impiegati in posti chiave dei settori più roventi di quelle tragiche giornate, unitamente ai due Squadroni e al Battaglione Carabinieri, entrambi addetti al Comando Supremo che si era allogato pure a Padova, e al personale della Divisione udinese della Legione di Verona.

Tutte le forze dell’Arma disponibile in quello scenario vennero ripartite nei vari dispositivi di sbarramento; sul Tagliamento la Divisione di Udine della Legione di Verona, sul Livenza, la Prima Legione Autonoma, così come ricostituitasi a Padova, sul Piave, il Gruppo Squadroni e il Battaglione del Comando Supremo. Dai primi di dicembre del 1917 tutti i servizi dell’Arma nella zona di guerra passarono alle dipendenze di un ricostituito Comando Superiore Carabinieri presso lo stesso Comando Supremo.
L’avversario era dilagato nella pianura veneta: il 27 ottobre Cadorna decise dapprima di attestarsi al Tagliamento e, successivamente, di ritirarsi al Piave; quel Piave che divenne sinonimo di resistenza sovrumana e di definitiva rivincita. Un milione di militari e 400.000 civili circa attraversarono i ponti sul Tagliamento, che le avanguardie austro-tedesche varcarono a Cornino nella notte tra il 2 e il 3 novembre. Il ruolo dei Carabinieri nella Grande Guerra fu estremamente gravoso: sono loro che ebbero il compito di presidiare le prime linee durante le avanzate, le linee arretrate, le stazioni ferroviarie, gli accantonamenti e le retrovie in genere,
L’esame dei diari storici delle Sezioni e dei Plotoni sostanzialmente riporta quanto l’opera svolta fu oscura, umile, poco evidente e meno ancora rinomata, ma portata avanti con dedizione, fermezza, serietà e nella cosciente convinzione di svolgere un’azione estremamente utile al bene della Patria e al raggiungimento della Vittoria finale.
Testimonianza della dedizione e del sacrificio profusi nel corso della Prima Guerra Mondiale, è la motivazione della 1ª Medaglia d’Oro al Valor Militare di cui fu insignita il 5 giugno 1920 la Bandiera dell’Arma (motivo per cui la Festa dell’Arma si celebra sotto questa data): “Rinnovellò le sue più fiere tradizioni con innumerevoli prove di tenace attaccamento al dovere e di fulgido eroismo, dando validissimo contributo alla radiosa vittoria delle armi d’Italia”. Durante il conflitto, l’Arma ebbe 1423 caduti e 5254 i feriti.